”Per la vostra sicurezza evitate ogni contatto con i membri della vostra famiglia ed evitate anche di usare ogni termine affettuoso come Tesoro o Amore mio. Quando parlate con i bambini evitate discorsi retorici. Per maggiore sicurezza evitate anche di tradurre questo messaggio… per favore evitate di tradurre questo messaggio.”
The Boss
Un nuovo tipo di virus che si diffonde attraverso l’uso del linguaggio appare nella cittadina di Pontypool, nell’Ontario. Le vittime perdono la capacità di dare un senso comprensibile ai discorsi, spingendole in attacchi di follia e rabbia animalesca.
Nel romanzo Pontypool Changes Everyting di Tony Burgess un’epidemia di una strana piaga, la AMPS (Acquired Metastructural Pediculosis), fa scivolare le persone di tutto l’Ontario nell’afasia e poi in una rabbia cannibalesca da zombi.
L’AMPS viene trasferito attraverso la parola e l’unico modo per fermarne la diffusione è bandire la comunicazione. Questo virus metafisico e decostruzionista richiede un approccio multidisciplinare e medici, semiotici, linguisti, antropologi e persino critici d’arte presentano teorie sulla sua origine e trattamento.
Ma Grant Mazzy, un conduttore radiofonico misantropo e fuori dagli schemi, ha una sua soluzione.
Da questo racconto, facente parte della trilogia di Pontypool, sono state tratte una versione radiofonica e una riduzione filmica, Pontypool: Zitto… o Muori!
Pontypool è un racconto allegorico ma molto diretto che affronta l’enorme problema della mancanza di comunicazione, della distorsione del linguaggio e della parola che di conseguenza portano distorsione dei costumi e della comunicazione non verbale, fino alla totale incomprensione tra individui e particolarmente tra sessi opposti.
La scomparsa della Parola, del linguaggio, della comunicazione
La parola è un potente mezzo di comunicazione e di evoluzione ergo la parola è benefica, è una cura.
Ma cosa succede se la parola viene manipolata finché da un significato bello ne assume uno brutto? Cosa succede se da carezza diventa un pugno? Cosa succede se diventa ordine dittatoriale? Cosa succede se non rispetti questo ordine eseguito da una moltitudine prona a questa dittatura?
Succede che o ti arrendi o la parola ti uccide socialmente o addirittura diventa un cancro che ti consuma lentamente in un’agonia nella quale sei costretto a non affermare mai il tuo pensiero per poter sopravvivere nella società dittatoriata.
Questa e altre allarmanti questioni vengono estrinsecate in Pontypool, un film degli anni 2000 pensato per gli anni 2000.
L’incomunicabilità, la non accettazione dell’individuo e delle sue idee, la massificazione dei modi di vivere e di pensare secondo diktat imposti alla società tramite mode, marketing, influencing becero e passivamente violento e addirittura imposizioni illegali spacciate per “leggi”: questo sono gli anni 2000.
Ma a questo siamo arrivati tramite un lungo percorso di ingegneria sociale, di rimbecillimento delle masse durato decine di anni.
Le origini dell’oggi
Si dice che tutto sia iniziato con lo yuppismo degli anni 80 ma a fine decennio ‘70 c’era già il seme dell’imbecillità che era ben visibile in Italia con l’esplosione della moda popolare come Benetton prima e poi Fiorucci ma anche con certo abbigliamento che proveniva da oltreoceano,
Ricordo chiaramente un giorno che sull’autobus per la scuola una tizia di un paio di anni più grande mi disse con invidia, “hai i levis, costano un casino…” e io che avevo forse 10 anni e non sapevo nemmeno cosa fossero “i levis”, tranne che avevo un paio di jeans smessi arrivati di rimbalzo da chissà quale parente.
Quel giorno lì il verme dell’imbecillità mentale derivata dai diktat distrusse questa mia “verginità” intellettiva e lo ricordo ancora con disgusto, come una profanazione mentale appunto: percepii chiaramente che l’egregora era stata creata e iniziava a nutrirsi delle masse istupidite.
Pochissimi anni dopo gli spin doctors fecero esplodere il paninarismo e lo yuppismo e fu l’inizio della fine: tramite un’organizzazione capillare che fece larghissimo uso dei media cineradiotelevisivi e la stampa, i giovani vennero sistematicamente riempiti di sciocchezze e inquadrati come militari: si veniva facilmente snobbati da coetanei che comunicavano con un linguaggio da ritardati e appiccicavano gli appellativi più cretini: si veniva discriminati e isolati fin da ragazzini se non si era dotati di una costosissima “divisa” consistente in vestiario di pessimo gusto e qualità, con alcuni marchi creati ad hoc e altri recuperati dagli USA per spingere l’americanismo sempre più a fondo.
Ed era altrettanto chiaro che esistesse già l’influencing sociale e commerciale: romanzetti e film decerebranti come “Sposerò Simon Le Bon” sono un’autentica testimonianza di quei tempi perché è tutto vero: i ragazzini erano già imprigionati in quell’ingorgo mentale e i genitori ce li tenevano, quando non ce li spingevano, perché gli anni 80 dovevano essere stupidi, sfoggiosi, sgargianti e pretenziosi: “gallisti” come i film che arrivavano da Hollywood.
La separazione sociale c’è sempre stata ma negli anni 80 divenne la cosa sotto gli occhi di tutti, accettata e spinta dalle mode e dai genitori stessi, che per dimostrare uno status sociale erano disposti anche a diventare “mangiatori di cipolle” pur di poter apparire e tentare una ridicola concorrenza col vicino abbiente.
Ovviamente insicurezza, ansia, stress e panico era diventati la quotidianità e fiumi di droghe e di alcool diventarono di uso comune poiché se non si era all’altezza di sopportare simili stress si veniva tagliati fuori dalla società.
È storia vissuta da tanti che preferiscono dimenticarlo, sia i vessati che i vessatori: alcuni dei secondi li ho rivisti anni dopo e abbassavano lo sguardo, altri semplicemente facevano finta di nulla e continuavano il loro “gallismo” sotto altre mentite spoglie e sono i distrutti dalle droghe e alcool di oggi, rimasti “vuoti a perdere” come allora e spesso genitori di altrettanti “successi umani”.
Il risultato di una tale pressione fu che il commercio andava alla grande, si, ma sulla pelle di tutti.
I giovani venivano compressi come pazzi per soddisfare le aspettative dei genitori, della famiglia, del datore di lavoro, del kapò che li torturava per farli rendere al massimo sul lavoro col miraggio della carriera: nella vita dovevi essere carico h24 ed essere sempre pronto a sbocciare senza mai un capello fuori posto, insicurezza e panico erano banditi come nemici della patria… un solo cedimento e venivi tagliato fuori.
In tutto questo la coca regnava sovrana.
A quel punto la famiglia, se avevi il tempo e la voglia di fartela, era diventata sia il motore che l’ultima ruota del carro, come la comunicazione con i figli che erano in buona parte già finiti in giri di droga pesante.
Questo erano in realtà i “brillanti e coloratissimi anni ‘80”
Gli anni 90, per quanto tristi e risibili con la loro depressione grunge, rimisero un po’ in carreggiata i cervelli ma i duemila hanno logicamente riportato l’ondata di piena dell’ottantismo decuplicata in quanto a vuotezza e stupidità disarmanti: “Sotto il vestito niente” oggi è appannaggio di tutti.
Distopia oggi
Oggi, in questi vuoti anni duemila, alcune parole hanno praticamente perso il loro vero significato, Amore è sicuramente la prima ma è certamente seguita da Fascismo e Nazismo e ormai lo sappiamo tutti come sappiamo che la massa non ha il coraggio di affermare le proprie idee e volontà perché mal tollera il confronto e soprattutto quello che viene effettuato tramite mezzucci aggressivo-passivi dal sistema, perciò preferisce arrendersi ad un indottrinamento per lo più passivo, piuttosto che “crearsi problemi”.
Il risultato però non lo si vede sugli adulti, che ancora sanno quale sia il vero significato di parole come fascismo, ma sui figli, i nipoti, i pronipoti e via così.
Perché il fenomeno va guardato in prospettiva e se già oggi appena si dichiara la propria opposizione ai diktat, persino alla follia arcobalenista che ci vorrebbe privare di una identità sessuale ed arrivare ad imporci la promiscuità, arrivando addirittura a mettere al bando la naturale eterosessualità (avviene già illegalmente nelle scuole in molti paesi del mondo tra cui il nostro), si subisce la continua martellante accusa di fascismo, ci si può immaginare cosa potrà accadere domani se i genitori non si responsabilizzano verso i propri figli.
Siamo già in una società distopica in stile Swiss Made 2069, dove la vita sociale avviene già attraverso siti “social” che sono strettamente controllati da una polizia virtuale denominata Fact Checkers che assume delatori per pochi spicci e dove degli “influencer” di dubbia provenienza fanno da opinionisti forzosi con l’aiuto di troll (più facilmente bot gestiti da qualche algoritmo) che sono pronti a dare immediatamente del fascista a chiunque voglia diversificarsi dai diktat.
Gli scambi sessuali e sentimentali (o tentati tali) si svolgono tramite dei siti d’incontri dove dei fantomatici personaggi femminili – con altrettanto fantomatiche fotografie di profilo e biografie – dichiarano di cercare un individuo “standard e perfetto” che non esiste altro che nelle loro fantasie deviate dal sistema e soprattutto che non sia “basso e fascista”!
Attraverso questi profili, probabilmente dei bot gestiti dall’algoritmo stesso del sito, il sistema ti dice che o sei “alto e liberal” o come uomo nella società non esisti: non essere mai “basso e fascista” o non ti riprodurrai mai e resterai solo perché la donna del 2000 programmata dal sistema non ti vorrà mai, non si concederà mai e non ti sposerà per avere figli da te e divorziare portandoteli via con tutti i tuoi averi e la dignità.
Qualcuno forse obietterà che è una visione pessimistica ed esagerata ma se si gira ad osservare un amico immagino dovrà smettere di obiettare.
Il risultato di tutto questo è che la donna oggi è infelice perché a quanto pare gran parte degli uomini, temendo le possibili pesanti conseguenze di una relazione, cercano solo sesso mordi e fuggi e immancabilmente la colpa viene riversata su di loro, come se il maschio invece fosse davvero felice di una situazione nella quale dover continuamente difendersi dalla donna, come se nessuno desiderasse avere accanto una VERA compagna.
Il problema è che mancano comunicazione e maturazione da entrambe le parti e la donna per ora continua a scegliere la strada larga: in questa specie di felliniana “Città delle donne” che è diventata la società, ha scelto di abbracciare il punto di vista limitato che gli è stato fornito dal diktat femminista che la spinge ad essere autopermissiva, a giustificare molto sé stessa accusando sempre “il maschio” di tutto, non volendosi rendere conto che la responsabilità è in buona parte anche sua per aver ceduto alle lusinghe di un femminismo isterico che le ha portato solo la solitudine più profonda e il sogno eternamente irrealizzato di un inesistente principe azzurro o anche solo degli “uomini di una volta che non ci sono più”.
Diceva un Ferreri, fin troppo simbolico, che “Il futuro è donna”.
Si, ma una donna sola.
Nel film Pontypool questa donna è incarnata dal personaggio di Sydney Briar, da qui il motivo della frase «Sydney Briar è ancora viva».
I “successi” del Liberalismo
Se il liberalismo – nella teoria – è una filosofia politica e morale fondata sul concetto dei diritti inalienabili e il sostegno per le libertà civili, nella realtà odierna è stato completamente distorto come concetto ed espressione, fino a diventare un sistema che circuisce le persone e che con il pretesto di tutelare e liberare invece devia e imprigiona.
Il liberalismo oggi si è ormai rivelato per quello che è: una parola deviata scelta per rappresentare un sistema carcerario utilizzato con comodo dal sistema.
Il liberalismo è ormai il cancro dell’umanità, il liberalismo viene propagato tramite la parola.
Ma la speranza del liberalismo è la separazione degli individui, l’imporgli un pensiero unico spacciato per libertà e il tentare con ogni mezzo di privarli della comunicazione, del rapportarsi tra loro e risolvere le incomprensioni prima che diventino guerra.
Il liberalismo vuole che questa guerra ci sia perché la massa la controlli bene quando è compattata dal pensiero unico, spaventata e rancorosa, portata alla meschina vendetta e alla delazione, che avviene sempre tramite parola ed è l’unico tentativo di sfogo per gli esseri arresi alla dominazione.
Non è un caso che il liberalismo spinga alla perversione sessuale: al liberalismo piace la promiscuità spacciata per libertà, l’orgia, il sadomasochismo, il bondage, il sesso fatto con distacco tra elementi dello stesso sesso o masturbato tramite giocattoli gommosi che, per una popolazione di eterni immaturi, sostituiscono quelli dell’infanzia anelata al posto dell’incubo nel quale si trova immersa e costretta da adulta.
Perché quindi stupirsi che le relazioni vere e durature vengano impedite con ogni mezzo?
Eppure non c’è bisogno di andare a studiare cosa sia il Matrimonio Alchemico per capire che l’individuo evolve pienamente solo in coppia, confrontandosi con il partner di sesso opposto tramite la parola, l’accoglienza, il confronto, il conforto, il contatto sentimentale e infine sessuale: senza la chiave non si apre la porta e senza la porta la chiave è inutilizzabile.
Non è un caso che Amore sia la prima parola che è stata volutamente distorta e abusata.
Non è un caso nemmeno che Amore in inglese sia Love, che letto al contrario è Evol, una storpiatura di Evil, cioè Male.
Non è un caso neppure che un gesto tanto di moda oggi e presente nei selfie di giovani (ma anche tristi semi-anziani) sia il gesto del dito medio che pare tutti si siano dimenticati simboleggiare in realtà una grande offesa verso la persona a cui lo si rivolge. Un segno che ferisce il prossimo e che indica un’aggressiva chiusura e isolamento in chi lo porge.
E non è un caso che il film tratto dal racconto Pontypool Changes Everything si svolga nel giorno di S. Valentino è anzi molto simbolico, come lo fu la famosa “strage” mafiosa.
Il film
Il film Pontypool qua da noi è quasi scomparso di circolazione già da anni ma i suoi creatori non hanno mollato la presa e negli anni ne hanno prodotto lo spin-off Dreamland oltre ad avere in lavorazione il sequel Pontypool Changes, entrambi sempre con protagonisti Stephen McHattie e la moglie Lisa Hoult e la regia di Bruce McDonald.
L’impossibilità di comunicare, di esprimere le proprie idee, sensazioni, opinioni dovendole reprimere in sé stessi per evitare di venire prima isolati, evitati e poi messi alla gogna dalle masse che sono state talmente irregimentate dalla “parola fatta ordine”, dalla paura e dalla paura della paura stessa addirittura, tanto da farla diventata una vera e propria epidemia di terrore cieco. Questo è ciò che viviamo oggi e che viene estrinsecato daPontypool.
Questo porta o alla resa o alla misantropia, che sia forzata dalla necessità di sopravvivere o scelta liberamente per evolvere come individui.
Forse però non è ben chiaro cosa sia la misantropia e tantomeno lo insegneranno loro con le galere e gli isolamenti, materiali e mentali.
Si può essere misantropi anche in mezzo alla folla, in maniera anche maggiore anzi. E non è disprezzo, è l’avere ben chiaro chi sei tu e chi sono gli altri.
Si impara a conoscere il mondo evitando di venire travolti dalle dinamiche di massa.
Questo è proprio lo spirito di Grant Mazzy, il conduttore radiofonico protagonista di Pontypool: Un Individuo con uno sguardo lucido e distaccato all’umanità ma pieno d’amore verso di essa, con la consapevolezza della propria impotenza nell’aiutarla a cambiare ma che non per questo smette di provarci.
Perché il titolo del racconto è vero: “Pontypool cambia tutto” e Pontypool siamo noi, se lo vogliamo.
Pontypool è dentro di noi e sta a noi scegliere se essere un Grant Mazzy o parte della massa.
“Pontypool – Zitto… o muori” (Canada 2008) di Bruce McDonald
Regia | Bruce McDonald |
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Soggetto e sceneggiatura | Tony Burgess |
Produzione |
Jeffrey Coghlan Ambrose Roche |
Interpreti | Stephen McHattie: Grant Mazzy Lisa Houle: Sydney Briar Georgina Reilly: Laurel-Ann Drummond Hrant Alianak: Dr. Mendez |
Fotografia | Miroslaw Baszak |
Montaggio | Jeremiah Munce |
Musiche | Claude Foisy |
Compagnie di produzione | Ponty Up Pictures Shadow Shows |
Data di uscita
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6 settembre 2008 (Toronto International Film Festival) |
Durata
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96 minuti |
Candidature e premi
30th Genie Awards – Best Actor, Best Director, Best Adapted Screenplay (Nomina)
Trailer del film Pontypool – Zitto… o muori