”Il nome lo scelsi dopo numerose notti insonni, doveva essere un nome breve che finisse con la X, è probabile che abbia influito anche Tex Willer, all’epoca Bonelli mi faceva impazzire… La grafica invece è stata in parte ispirata da una società di componenti elettronici, con questi tagli orizzontali che fecero scalpore; sottoposi la cosa al grafico in Elka e loro completarono le fonts necessarie."
Lorenzo
Il Synthex
Ed eccoci arrivati al capolavoro storico di Mario Maggi, quello che gli ha finalmente concesso la rivincita su Prophet e Oberheim, a fronte di maggior polifonia e grandi potenzialità tra cui il sequencer polifonico, il filtro multimode, il chorus, il ring modulator e un prezzo a dir poco vantaggioso rispetto alla concorrenza. Un capolavoro dalla genesi travagliata ma che ha finalmente visto trionfare il nostro ingegnere.
“Il Synthex è stata la conclusione logica di oltre 12 anni di lavoro con i sintetizzatori. Per capirlo bene, devi guardare lontano nel passato. Comunque, dopo aver programmato la produzione in serie del MCS70 venni a sapere che un nuovo dispositivo stava per arrivare sul mercato: un sintetizzatore polifonico chiamato Prophet-5. Questa era la ragione. Fino ad allora, avevamo un piccolo laboratorio con un piccolo numero di tecnici freelance, con cui abbiamo prodotto l’ MCS70. Fui quindi costretto a bloccare la costruzione di altri 9 MCS70 che erano in programma e iniziai a lavorare su un progetto polifonico io stesso…il progetto Synthex era iniziato. Per il Synthex, era chiaro che c’era bisogno di un’azienda consolidata con una fabbrica per un progetto così ampio.
Il nome lo scelsi dopo numerose notti insonni, doveva essere un nome breve che finisse con la X, è probabile che abbia influito anche Tex Willer, all’epoca Bonelli mi faceva impazzire… La grafica invece è stata in parte ispirata da una società di componenti elettronici, con questi tagli orizzontali che fecero scalpore; sottoposi la cosa al grafico in Elka e loro completarono le fonts necessarie.
C’è stato il prototipo che venne presentato alla Elka, con un pannello molto diverso da quello attuale: non aveva il chorus, non c’era il sequencer, c’era il minimo: due oscillatori, un filtro con vca, due inviluppo e un lfo, il minimo indispensabile. Però aveva già un suono che si riconosceva.
Il primo abbozzo di programma per il Synthex, un programma da 1,5 Kb, è stato realizzato scrivendo a mano le istruzioni sulla carta e digitando con la tastierina esadecimale su un sistema di sviluppo a basso costo, calcolando tutti i salti relativi in esadecima a mano, non c’era niente di niente. Poi, man mano che il progetto andava avanti uscì un primo sistemino dove c’era un assemblatore. Mi attrezzai con questo sistema che aveva, di base, 256 bytes di RAM, zero memoria di massa, non c’erano floppy, non c’erano hard disk… niente.
Per fortuna c’era un’interfaccia a cassette e quindi, con due registratori audio, potevo salvare i programmi che altrimento dovevo scrivere su carta… In questo modo si potevano salvare i programmi e assemblarli; tempo di assemblaggio per un programma stile Synthex era pari a 5 minuti… impensabile per i ritmi di oggi.
Nei due anni di realizzazione per il prototipo del Synthex, (che finalmente aveva il microprocessore a bordo) bisogna comprendere anche il tempo necessario per imparare a scrivere software con strumenti primordiali; all’inizio, per visualizzare il programma, avevo a disposizione solo un display da venti caratteri, ad una sola riga… Dovevo leggere il programma una riga alla volta, successivamente riuscii a costruire una prima scheda video per poter visualizzare più caratteri tutti insieme, ma dovetti partire da zero perchè non c’era nulla di disponibile. Qualche anno dopo sono riuscito a mettere le mani sul primo floppy disc.
Nel Synthex c’è un unico processore – a quei tempi costavano una tombola e quindi il suo inserimento era considerato un lusso notevole – con velocità pari a 1 mHz, lo stesso processore dell’Apple II e del Commodore 64, il modello 6502 ancora oggi in produzione da parte della Western Design Center. L’antagonista di quei tempi era lo Z80, contenuto nel Prophet 5 e, prima ancora nello Spectrum Sinclair.
Inizialmente ho offerto il progetto a tre altre società prima che la ELKA alla fine accettasse. Per prima cosa l’ho offerto a Galanti, proprietario di GEM, poi a EKO e infine a Mario Crucianelli, proprietario di CRUMAR. Soprattutto i negoziati con CRUMAR sono durati diversi giorni, ma fortunatamente per me hanno finalmente rinunciato al progetto.
Dopo alcuni mesi, stavo per arrendermi.
Poi è successo che un amico decise di andare a Castelfidardo per far riparare il suo organo alla ELKA. decisi di andare con lui e portare con me il prototipo del SYNTHEX per fare un ultimo tentativo di trovargli un produttore.
Il direttore del dipartimento musicale di Elka e anche il consiglio rimasero estremamente colpiti dal suono e dalle molte possibilità. E senza perdere un secondo di tempo, mi chiesero se volevo presentare il Synthex alla prossima fiera della musica per testare le reazioni dei visitatori.
Due mesi dopo, insieme a Elka, presentammo il Synthex al Musikmesse, con funzionalità aggiuntive e un nuovo pannello. Ebbi modo di conoscere i partner di vendita Elka di tutto il mondo e, a sua volta, il giovane Paul Wiffen, che era stato assunto da Elka UK, e che in futuro sarebbe diventato anche il dimostratore Synthex.
A Francoforte arrivai con ben due giorni di ritardo, per i soliti problemi dell’ultimo secondo e appena arrivato sullo stand c’erano già due distributori che stavano aspettando per ascoltare lo strumento, non ebbi neanche il tempo di lasciare i bagagli in albergo: appoggiai il prototipo su un bancone e feci la dimostrazione con il sequencer polifonico.
E tieni presente che, a quei tempi, un sequencer polifonico funzionante era una cosa clamorosa, sopratutto incorporato in un sintetizzatore, era un’esperienza inedita. Subito dopo la Fiera c’era un bell’impatto di credibilità e, in Elka, si prese la decisione di partire con una prima serie di cinquanta strumenti.
La mia sensazione era che fossero troppi, mi prese il panico… non pensavo che sarebbe stato possibile venderli tutti (io avrei proposto dieci macchine), loro decisero cinquanta e invece azzeccarono in pieno le previsioni perchè gli strumenti furono letteralmente ingoiati dal mercato musicale.
Oggi, i primi cinquanta modelli li puoi riconoscere da un particolare: furono usate manopole costosissime, di produzione inglese, con il body verniciato di nero e questa vernice, con l’uso, tendeva a sgraffiarsi perdendo la satinatura, mettendo in vista il colore nero sottostante.
Gli strumenti successivi ebbero manopole fatte internamente alla Elka, da un loro stampatore di fiducia, che non presentano questo inconveniente. Comunque, tanto per tornare alle previsioni di mercato, non fecero in tempo a finire i primi cinquanta che furono obbligati a lanciare un nuovo ordine di altre duecento macchine.
La cosa è stata un crescendo continuo; non si faceva in tempo a costruirli e a consegnarli, i distributori erano assetati di macchine, era una situazione quasi tragica, se non fosse stata comica.
In Elka avevano una gran pratica di organi da casa, e -per facilitare la linea di produzione -proposero subito il mobile in legno con la possibilità di agganciare le gambe indipendenti; di listino, lo strumento era disponibile con un flight case, le zampe e la custodia delle zampe; non vennero mai prodotti dei pedali dedicati.
La macchina costava cinque milioni e mezzo dell’epoca; a quei tempi l’alternativa era rappresentata dal Prophet 5, che qui costava sette o otto milioni e poi Oberheim OBx, insomma c’erano solo macchine molto più costose che, tra l’altro, avevano una polifonia più ridotta e non possedevano sequencer interno.”
“Dopo la prima serie di 50 venne fuori il MIDI, una novità clamorosa; divenne necessario fare un retrofit. Per fortuna, sul Synthex avevo previsto un multiconnettore per l’interfaccia computer – prima che esistesse il MIDI ero già cosciente delle possibilità di controllo offerte dal microprocessore sulle voci dello strumento, per fargli fare cose che erano impensabili per uno strumento analogico.
Arrivato il MIDI, si fece un nuovo circuito stampato, si sostituirono le EPROM del software e si otteneva la compatibilità a livello di nota on/nota off, e sopratutto si ricevevano e trasmettevano le note da e per il sequencer interno.
C’è una serie di caratteristiche funzionali che oggi sono considerate uno standard, ma che sono state inserite per la prima volta in uno strumento musicale proprio con il Synthex; te le elenco: il filtro multimodo con gestione polifonica, il chorus analogico on board, il sequencer multilinee e multitimbrico, gli oscillatori ibridi.
Insomma, i milleottecento cinquanta strumenti costruiti dalla Elka a suo tempo (e non è un mistero per nessuno che, tra gli utenti “blasonati” è possibile citare Keith Emerson, J.M. Jarre, Tangerine Dream, Stevie Wonder, Nick Rhodes, Geoff Downes…insomma, gente col manico), oggi sono oggetto di una caccia spietata tanto da parte dei collezionisti vintage che da parte di musicisti “militanti”…
E allora perchè, partendo da quell’esperienza, non fare qualcosa di ancora più potente, analogico e definitivo?
Del resto io sono il proprietario del progetto, che ho creato assieme al nome, al logo, al layout del pannello, al design della circuit board e al codice delle eprom, quindi ho registrato il marchio di fabbrica a mio nome.”
Questo ha logicamente messo fine al sogno della finlandese Soundion (che dopo aver acquisito la Elka, sperava di poter fabbricare anche il Synthex) ma non a quello di Mario, che da anni sta lavorando alla nuova versione della sua creatura, il Synthex 2, le cui immagini indicative e le impressionanti specifiche si possono vedere sul sito di Maggi, di nuovo un’autentica innovazione in un settore dove è già stato fatto praticamente tutto e che ci auguriamo possa vedere presto la luce.
Clicca sotto e guarda il video di Jean Michel Jarre che parla del Synthex e spiega il perchè del suo amore per questo sintetizzatore.
Ma cosa fece il nostro Mario, dopo l’avventura del Synthex, a cosa dedicò la sua brillante inventiva?
“Dopo il Synthex, ho realizzato diversi progetti al di fuori del mondo musicale (attrezzature di collaudo, apparecchiature medicali…) e poi ho fatto un equalizzatore parametrico, controllabile via MIDI, che ha la possibilità di morphing tra i parametri; una sorta di equalizzazione dinamica che può essere automatizzata completamente. Su questo progetto ci sono state lunghe trattative con la Audio Kinetics e con la Solid State Logic…”
Siamo riusciti a reperire anche un’affascinante testimonianza del suo fraterno amico Templeton, che parla proprio dei giorni della creazione del Synthex:
“Mario Maggi aveva una sua filosofia personale e un modo unico di studiare e sviluppare i suoi progetti. Era avanti a tutti gli altri di almeno 10 anni. Assurdo che l’industria elettronica non abbia voluto sostenerlo nelle sue geniali ricerche.
Ricordo ancora molto bene i problemi con l’acquisto degli speciali integrati AD-DA dalla Intersil e altri produttori. Sapevo che fortunatamente Mario era supportato nella sua ricerca da altri giovani che lo aiutarono molto, alcuni dei quali fornendo gratuitamente la componentistica.
Da parte mia, ho rastrellato tutte le scorte di componenti d’Inghilterra per trovare degli integrati con le caratteristiche adatte!
Molti di coloro che prendevano ancora il biberon in quegli anni, e usano questo strumento oggi, hanno difficoltà a capire le dure condizioni alle quali questo grande e allo stesso tempo modesto sviluppatore ha dovuto lavorare in Italia. Quasi nessuno può immaginare quanto fosse difficile trovare uno sponsor per un nuovo progetto.
Mario Maggi si è praticamente sempre dovuto autofinanziare il suo lavoro, e questo vale anche per il SYNTHEX. Fortunatamente ha avuto piccoli aiuti dagli amici, come piccole donazioni, supporto logistico, fornitura di tonnellate di pasticcini (come carburante per il cervello), fornitura di componenti speciali e molto altro.
Ma tutto questo era solo una goccia nell’oceano, rispetto alla dedizione e all’investimento che ha portato questo uomo disinteressato a realizzare le sue idee.
Non è stato quasi mai supportato dalle pubbliche istituzioni e più avanti, è stato solamente sfruttato dalle varie ditte. Mario Maggi era, è, e sarà sempre, una persona capace e modesta, senza grandi pretese tranne il portare avanti il proprio sogno, gentile e generoso con tutti, un vero idealista.
È un uomo al quale si può affidare fiduciosamente la propria carta di credito e il proprio portafogli con la certezza che non si prenderà un soldo.
Ha collaborato con varie società nel campo della musica elettronica (Crumar – Elka). Aziende che ebbero una grande fortuna ad averlo come consulente tecnico, ma come tutte le aziende a scopo di lucro non sempre lo capivano come persona e come sviluppatore e finivano con lo sprecare il suo lavoro.
Electronic & Music Maker dell’Aprile 1983, articolo
sul Synthex
Mario era ed è un amico, un amico dei musicisti, di tutti i musicisti, anche quelli che non ha mai incontrato ma che apprezzano lui e gli strumenti che ha costruito. Una persona che amorevolmente si impegna a spiegare il lavoro che ha fatto sul Synthex.
Se solo una volta aveste visto il suo laboratorio, dove trascorreva ore a mettere a punto il software, riprogrammandolo, cancellando costantemente la eprom del Synthex per correggere questo e quell’errore.
Se almeno una volta aveste trascorso una delle migliaia di notti con lui, seduti a distruggersi gli occhi davanti al monitor a 14” a fosfori verdi, al costante, caparbio e paziente lavoro dalle 3 del pomeriggio fino alle 3 o le 4 del mattino…forse allora riuscireste a capire.
E agli amici che lo prendevano in giro per questa sua “ossessione” per il suo lavoro rispondeva sempre con un sorriso amabile e quando lavorava era sempre in piena serenità: mai un’imprecazione, nemmeno quando, rapidissimo, lavorava contemporaneamente alle tastiere di due computer, saldava, dissaldava, controllava con l’oscilloscopio, programmava e riprogrammava eprom senza sosta.
Mario per me era la felicità incarnata, unita a una competenza così unica che avrebbe potuto lavorare in qualsiasi grande centro di ricerca o alla Nasa.
Ma lui preferiva il suo mondo, il mondo della musica e della sua cantina-laboratorio.
Sfortunatamente, questo mondo da lui così tanto amato lo ha ben poco supportato, solo pochi gentiluomini tra i musicisti. Oggi avrebbe come minimo ricevuto i ringraziamenti di tanti. Ma Mario Maggi non ha ricevuto alcun ringraziamento da questo mondo. Se lo cercate su Internet, troverete tristemente solo 46 riferimenti in varie lingue su di lui (a partire dall’ottobre 2004) che ne hanno anche parlato perlopiù superficialmente e telegraficamente.
Sono convinto che se Mario Maggi avesse lavorato in America, i suoi progetti sarebbero diventati assai più popolari. Non voglio dire che non sia stato proprio supportato da nessuno, ma era troppo ‘piccolo’. Coloro che si offrirono volontari per lavorare con lui furono, come lui, gli ultimi idealisti e passeranno alla storia come illustri sconosciuti.
Il mio ultimo ricordo di Mario Maggi è stato quando lo sentii l’ultima volta (per ragioni professionali non ho avuto l’opportunità di venire in Italia e incontrarlo) e mi disse che era stanco, ma voleva continuare a lavorare con tutte le sue forze sul progetto DIGITAL MODULAR SYNTH (ndr. immaginiamo stia parlando del progetto conosciuto come Synthex 2).
Ricordo ancora i suoi occhi che irradiavano allegria e il nostro ultimo banchetto a base di dolci. Negli ultimi anni, ho cercato di trovarlo e incontrarlo di nuovo, ma senza risultato. Forse è davvero andato a lavorare in un altro mondo, dove ha trovato maggior apertura mentale verso le sue idee.”
Una recensione del canale YouTube SynthMania
Un recente splendido videoclip demo dei suoni del Synthex, realizzato dal collezionista e compositore Reuben Jones, al quale va tutta la nostra stima per la passione dedicata a questo synth!
L’ultimo video realizzato dal nostro amico Reuben Jones è una jam con tre dei più bei synth Italiani, tra i quali spicca il rarissimo Logan Vocalist
E’ notizia di questi giorni, di un esemplare di Synthex messo in vendita sullo stesso sito di aste online dove è stato venduto il guitar synth modulare, Vemia, che è stato restaurato e messo a punto da Mario stesso, forse è un segno che il nostro caro ingegnere è finalmente tornato al lavoro?
RINGRAZIAMENTI
Mille grazie a Roberto Bellucci, grande e appassionato conoscitore di strumenti Italiani, nonchè curatore della importante pagina Facebook Elettronica Musicale Italiana, per le generose consulenze e la gentile concessione del materiale in suo possesso. Grazie anche a Daniele, alias mr. VSMI, per la rarissima foto del misterioso mono synth.
Grazie ad Enrico Cosimi, per la sua ottima intervista a Mario Maggi e per i suoi articoli e commenti sempre illuminanti.
Grazie ad Amazona, per l’intervista che è risultata fondamentale per chiarire alcuni punti che erano oscuri, soprattutto riguardo al MCS70 e grazie anche a Marco Molendi e Andrea Manuelli per averlo fatto tornare in vita!
Grazie a Templeton per il suo appassionato racconto dei momenti vissuti con Mario, che è servito a rendere un ritratto dell’uomo, oltre che del genio. Sempre sul bel sito di Robert Wittek si trova un bellissimo articolo che tratta estensivamente il Synthex, compresa la parte tecnica.
Grazie all’ottimo sito Tonehome.de per l’ottimo materiale fotografico sul Syntar e al sito Suonoelettronico.it per le specifiche e le informazioni tecniche a riguardo. Grazie a Francesco Mulassano di Soundmit per le immagini dell’articolo sul Synthex della rivista E&MM.
Infine,
Grazie a tutti i contributi degli appassionati (tra i quali Reuben Jones e MrFirechild per il loro amore e i loro bei video demo del Synthex) recuperati in ore ed ore di paziente e ostinata ricerca sul web: scrivere un articolo sul signor Maggi è stata una delle esperienze umanamente più appassionanti, belle e formative e, pur non avendo avuto modo di incontrarlo, questo ostinato, umile e mitico pioniere sembra di conoscerlo da sempre e si finisce davvero per amarlo come l’amico e il fratello che avremmo sempre voluto avere.
Chiudiamo quindi con un ultimo, fondamentale ringraziamento e un sentito augurio:
GRAZIE E LUNGA VITA, MARIO MAGGI !