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Parliamoci chiaro, i New Trolls erano e restano uno dei dieci gruppi musicalmente, tecnicamente e artisticamente più dotati al mondo.
Ma gli italiani sono ormai famosi per la ridicola capacità di dare sempre pollice verso ai propri connazionali preferendo più che discutibili proposte estere.

Daniele Pieraccini - Lorenzo

Occuparsi delle glorie del passato non è sempre un compito piacevole e quando tocca a qualcosa che riguarda l’Italia sono sempre più dolori che gioie, perché si parla di capolavori che per vari motivi (quasi sempre meri arraffaggi politici di personaggi da carcere e ridicola speculazione senza scrupoli) non si sono mai più ripetuti, anzi.

Ci si trova spesso a riscoprire eccellenze che lasciano al contempo un senso di meravigliato stupore, profondo affetto e una grande e scorata tristezza.

È il caso di FS dei New Trolls, un album talmente bello che in qualsiasi altro paese sarebbe considerato bene nazionale, incensato da una critica onesta e sommerso di dischi d’oro dagli ascoltatori.

Sicuramente ancora oggi sarebbe passato alla radio almeno quanto i soliti, ripetitivi, Pink Floyd.

Una classe compositiva, una fantasia inventiva, una perizia tecnica e una profonda e sincera evocatività come quelle del brano “Il treno” non hanno eguali nella storia della musica moderna.
E non è la prima volta che succede con la musica dei New Trolls, ma per un decennio sfortunato dal punto di vista artistico come gli anni ’80 si tratta davvero di una mosca bianca.

Parliamoci chiaro, i New Trolls erano e restano uno dei pochi gruppi musicalmente, tecnicamente e artisticamente davvero dotati al mondo: De Scalzi e Di Palo, oltre ad essere dei grandi cantanti con doti vocali fuori dal comune e che hanno reso le parti corali e solistiche del gruppo un marchio di fabbrica inconfondibile, erano e sono compositori e polistrumentisti sopraffini (com’è noto Melody Maker fu talmente colpita da Nico da inserirlo nella lista dei 10 migliori chitarristi europei degli anni ’70, quando era ancora giovanissimo).

Ma gli italiani sono ormai famosi per la ridicola capacità di dare sempre pollice verso ai propri connazionali preferendo più che discutibili proposte estere: l’esterofilia è una malattia mentale che da troppi decenni incredibilmente colpisce quello che è il popolo che nei secoli ha insegnato praticamente ogni forma di artigianato e arte al resto del mondo (un esempio su tutti, il gelato).

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Concerto Grosso per i New Trolls

Non è un caso che questa band, pioniera del genere rock progressivo italiano, provenga da Genova: oltre alla ben nota scuola genovese, fucina impareggiabile di talenti, nel capoluogo ligure si trovava l’Alcione, uno storico cinema-teatro sorto nel 1948 con il nome Colosseo e chiuso ingloriosamente alla fine del secolo, ridotto a cinema a luci rosse.

Negli anni sessanta e settanta il locale visse stagioni strepitose, tra teatro, avanguardia e soprattutto concerti di gruppi progressive.
Vi suonarono infatti Van Der Graaf Generator, Genesis, Gentle Giant e Peter Hammill, tra gli altri.

Nel 1973 vi registrarono l’album Tempi dispari gli NT Atomic System, uno dei progetti paralleli della band madre formatisi in seguito a screzi tra i componenti (a tal proposito segnaliamo anche gli ottimi Ibis di Nico Di Palo).

Due anni prima il gruppo aveva abbracciato il prog pubblicando Concerto grosso per i New Trolls, pietra miliare della scena rock, qualcosa di veramente unico e mai sentito nel panorama musicale italiano.
Il disco avrà un seguito nel 1976 con il meno noto ed acclamato ma sicuramente meritevole di riscoperta, Concerto grosso n. 2.

Partiti dal beat psichedelico degli esordi, De Scalzi e colleghi si sono cimentati, sempre con credibilità ed efficacia, anche con l’hard rock (ascoltate lo stoner ante litteram di C’è troppa guerra, sempre del 1973) attraversando vari generi per spostarsi infine verso il pop rock, mantenendo negli anni un livello compositivo ed esecutivo altissimo.

Un discorso a parte meriterebbe anche la maniacale ricerca dei suoni “giusti” per ogni stile affrontato, soprattutto per quanto riguarda le chitarre.

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C’è troppa guerra

Dunque, dopo vari album, singoli di successo e collaborazioni con altri artisti, i New Trolls arrivano al 1980 perdendo per strada Giorgio Usai (tastiere) e Giorgio D’Adamo (basso).

Con la formazione ridotta all’osso, composta da Vittorio De Scalzi (voce e tastiere), Nico Di Palo (chitarra, basso e voce), Gianni Belleno (batteria e voce) e Ricky Belloni (chitarra, basso e voce), entrano nella stanza Double degli studi Idea di Milano con il tecnico André Harwood e lo storico produttore Gianfranco Lombardi, per inaugurare a loro modo gli anni ottanta.

Il risultato è FS, un concept album che ha per filo conduttore un viaggio in treno, presentando una galleria di passeggeri incontrati. Un disco a tema, concetto caro al progressive, che offre un amalgama straordinario di suoni e generi: rock, pop, cantautorato, classica, reggae e nuove tendenze rock/wave.

Pur muovendosi all’interno di coordinate pop rock, i New Trolls mantengono le loro linee distintive progressive, deliziandoci con virtuosismi strumentali e cantati polifonici che hanno pochissimi rivali nel mondo.

Andiamo adesso a parlare in specifico dell’album FS dei New Trolls, che troverete analizzato di seguito con ciascun brano accompagnato da un video da noi appositamente creato per questo articolo con affetto: un omaggio al gruppo più rappresentativo della musica italiana moderna nel mondo.

New Trolls – FS

L’opera si apre con la chitarra di Nico Di Palo che, appoggiandosi ad un eco ribattutto, riproduce efficacemente il fischio e il suono di un treno in corsa sulle rotaie: Il treno (Tigre – E 633 – 1979) è un quadretto di realismo poetico musicalmente trascinante, con pause di sospensione e esplosioni chitarristiche, narrato dalla grande voce di De Scalzi.

Dal vivo i New Trolls erano capaci di offrire versioni persino migliori, più intense, di questo brano ed è un vero peccato che non esista un archivio live restaurato all’altezza delle loro performance.

Il treno è un brano ad ampio respiro, una potente introduzione al concept, un’ode poetica al viaggio, al senso di distacco e di avventura al tempo stesso.
Durante il brano viene fatta una presentazione dei vari personaggi che si incontrano nel viaggio.

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Il treno (Tigre – E 633 – 1979)

Segue La signora senza anelli, brano cantato coralmente e introdotto da un riff rock di Belloni che pesca dal passato per preconizzare la Money For Nothing dei Dire Straits.

Il solo è dello stesso Belloni, mentre Di Palo lo sostiene con il suo grande basso poppeggiante per dare ritmo e allo stesso tempo alleggerire quello che è l’amaro racconto di una donna, un tempo benestante, che ha dilapidato le proprie sostanze fino a ridursi sul lastrico e consumarsi interiormente per assecondare i folli capricci di un figlio bello e volubile partito per “L’America”.

Figlio che spera finalmente di poter rivedere vendendosi, per l’appunto, l’ultimo anello per raggiungerlo attraverso un viaggio pieno di incognite.
Nel testo si colgono riferimenti alla droga e verso la fine si intuisce quindi che il figlio della signora possa addirittura esserne morto e il viaggio della donna sia quindi volto al recuperarne le spoglie.

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La signora senza anelli

La guerra interiorizzata di L’uomo in blu conferma il ruolo centrale della chitarra in questo disco.
Le parti strumentali e gli arrangiamenti seguono alla perfezione la drammaticità della storia di un uomo dilaniato dal conflitto esterno come da quello dentro di lui. Un piccolo bignami del rock, una grande canzone sulla guerra.

Gli intrecci tra frasi e arpeggi discendenti dei due chitarristi dei New Trolls, i licks taglienti e gli assoli urlati ma anche intimisti, appoggiandosi agli archi sintetici di De Scalzi, marcano con insistenza il dramma interiore di quest’uomo narrato dalla voce di Di Palo.
Un pregevole lavoro alle sei corde che si divide tra le Yamaha SG di Belloni ed SX di Di Palo.

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L’uomo in blu

Ancora chitarra in primo piano, stavolta arpeggiata da Di Palo, per introdurre un’apparentemente più allegra Stelle nelle tue mani, cantata da Nico con dei favolosi cori armonizzati in pieno stile New Trolls mentre Belloni punteggia con accordi di chitarra satura, assoli e veloci fraseggi armonici.

Le mani del titolo sono quelle di una bella ragazza che colleziona amanti, vestiti e bugie, gettandoseli alle spalle con nonchalance mentre la vita e la giovinezza scorrono veloci come un’autostrada.

Ovviamente i pensieri la inseguono ma la tentazione di affogare tristezza e incognite del domani in notti di follie vince sempre e lei continua a fuggire da sé stessa infilandosi in un nuovo letto, un nuovo vestito e nascondendosi dietro gli occhiali scuri finché anche bugie, bellezza ed amanti (le stelle) saranno solo un lontano ricordo e resterà soltanto la realtà.

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Stelle nelle tue mani

Gilda 1929, introdotta da un’armonia corale acapella dei quattro New Trolls, lascia spazio alla nostalgia di Liberty ed epoche perdute con una struttura classico-barocca ed il cantato di Nico e Ricky Belloni che con parole metafisiche riflettono sullo scopo della vita e su come in essa sia necessario rischiare il moto della creatività perché la staticità sarebbe solo una negazione dell’esistenza:

“Se la tua immortalità
È stare fermo qua
Ferro non lo sai
Che è meglio fondersi nel fuoco
Che non partire mai”

In essa trova spazio anche una riflessione sul Matrimonio Alchemico e il desiderio del raggiungimento di tale congiunzione come coronamento di una vita di crescita interiore.

Atmosfera molto evocativa, con un finale in cui sembra affiorare pure Bach mentre stavolta sono i malinconici e vibranti violini sintetici di De Scalzi ad appoggiarsi sulle chitarre armoniche del duo e a trasportarci verso la banchina dalla quale il protagonista riparte per il suo viaggio.

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Gilda 1929

Di nuovo il rumore dei binari ci conduce al bell’arpeggio di chitarra che anticipa musicalmente lo stile italiano degli anni ’80 che verranno: Quella luna dolce è una ballata di stampo cantautorale, molto tenera ed intimista e con un grande basso fretless suonato da Di Palo.

Canta De Scalzi con dolcezza infinita mentre le famose voci dei New Trolls armonizzano abilmente il ritornello e Belloni si occupa del bridge.

La riflessione questa volta verte sul passaggio da bimbo a uomo, la luna è la madre (o forse la nonna?) che ti accompagna dai primi passi, passando per l’adolescenza fino all’età adulta dove lascerà il posto ad una luna generazionalmente più vicina a te, una compagna che si spera sarà quella che ti accompagnerà nel resto della vita: ancora si toccano temi metafisici sull’esistenza tramite la metafora del viaggio in treno.

I versi di chiusura del brano suonano bellissimi nella loro semplicità e non possono non ricordare lo stile di un ben noto cantautore che salirà alla ribalta una decina di anni dopo:

“Quella luna dolce coi suoi occhi stanchi
Mi vedeva già grande
Gliel’avevan detto i suoi capelli bianchi
Che finiva così”

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Quella luna dolce

Il serpente è un reggae, intelligente e molto orecchiabile. Il genere caraibico fu frequentato anche da altri artisti italiani all’epoca (Berté e Fossati, per esempio).

Il protagonista non ha paura di guardare negli occhi le persone cercando qualcosa, pur essendo disilluso e cosciente di correre dei rischi nei rapporti umani, soprattutto in amore.
Sente il rapporto con la compagna spegnersi nell’apatia e cerca un contatto con lei per evitare che ciò avvenga. Ancora una volta siamo davanti ad una metafora metafisica ma questa volta volutamente più leggera, almeno nella musica.

Il pezzo, che all’epoca fu infatti scelto come singolo di lancio dell’album, fa ampio sfoggio del Vocoder e dei cori.

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Il serpente

Di nuovo la voce di De Scalzi filtrata dal vocoder fa partire La mia canzone, un pezzo classicheggiante nell’animato stile disco-musical in voga ai tempi, eseguito mirabilmente e che altro non è che una canzone d’amore dolcissima dedicata alla musica e alla tenera fragilità dell’ispirazione artistica e umana.

Il testo contiene anche dei piccoli richiami alla splendida e sofferta Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi di Lucio Battisti, a sottolineare quanto il rapporto d’amore con la musica possa essere similmente bello e doloroso a quello con una donna.

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La mia canzone

Il viaggio si conclude in stazione con Strano vagabondo, cantata in falsetto da Belleno e rinforzata sui bassi da De Scalzi con ulteriori belle armonie vocali eseguite da tutta la band dei New Trolls.

Il protagonista visualizza la parte più scanzonata e sognante di sé stesso come un vagabondo che vive la vita con avventurosa leggerezza, una caratteristica della quale sente sempre più il bisogno e che lo porta a pensare a un viaggio intorno al mondo con l’amico che ha sempre desiderato avere.

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Strano vagabondo

FS è un inno alla libertà di un gruppo che è rimasto sempre sincero, originale e concreto nel trasmettere il suo messaggio al pubblico.

Certo, i New Trolls si sono adeguati ai tempi, hanno riscosso grandi successi di vendite, collezionato partecipazioni a Sanremo ma, forse perché interessati solo al “suonare”, al contatto con gli ascoltatori restando avulsi da ogni contesto politico, non godono del riconoscimento plebiscitario tributato ad altri nomi.

Ogni brano di FS condensa e presenta in maniera coerente e armoniosa numerose citazioni dalla storia della musica popolare o colta; alla luce dell’oggi questa opera così tematica e riassuntiva appare come una sorta di testamento, un documento sulla fine di un’epoca.

FS rappresenta l’ultimo grido della speranza, dell’arte, della musica. Dell’umanità.

La vita è finita nel 1980 ma noi non ce n’eravamo accorti

Non a caso sarà seguito da America Ok, già dal nome ironicamente disperato, che rappresenta in pratica la fine artistica dei New Trolls.

Si stenta a credere che siano gli stessi quattro musicisti che hanno dato vita a FS: la strumentazione è interamente elettronica, l’umore è nichilista, da fine del mondo vista con l’aperitivo in mano facendo finta di nulla.

E’ un attacco sornione ma anche diretto – se si ha il coraggio di volerlo vedere – all’esterofilia presente in maniera sempre più pervasiva nella generazione dei cosiddetti “baby boomers”, una vera malattia virale che sta portando al tracollo l’intera scena artistica italiana in favore di quelli che sono spesso autentici orrori proveniente da oltreoceano e dall’oltremanica (oltretomba?).

Tra l’altro l’album si chiude con un plagio clamoroso di Open Arms dei Journey, una sorta di provocazione diretta a quell’America che di tutto si impadronisce e tutto ingurgita, senza riconoscere alcun merito ai veri “ispiratori”.

Intendiamoci, la classe strumentale e vocale è intatta, e sono presenti brani pregevoli, non si tratta certo di un’opera insensata. Il fatto è che America Ok è un album concettualmente lontanissimo da FS, si stenta a credere che siano passati appena due anni tra queste due opere. Musiche e liriche sembrano provenire da due mondi diversi.

L’aspetto più oscuro è rappresentato proprio dai testi, nei quali troviamo frasi come “su questa spiaggia amara son diventato una cosa”, “Si è spenta oramai la mia generazione”, “iI tempo non c’è più”.

Ora che siamo giunti al capolinea del filoamericanismo, senza forse possibilità di fuga dalla rovina totale del grande inganno, ci rendiamo conto che la vita è finita nel 1980 ma noi non ce n’eravamo accorti.

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America ok

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Join the discussion 4 Comments

  • Avatar of Giorgio Tonazzo Giorgio Tonazzo ha detto:

    Vorrei farvi un monumento per aver scritto queste righe sui New Trolls, una delle formazioni più sotto valutate al mondo. Conosciuti quasi esclusivamente per “quella carezza della sera”, in quel disco che peraltro contiene brani come “Dancing” che non so quanti avranno mai ascoltato.
    Visti dal vivo più volte nelle varie formazioni anche del compianto Vittorio.
    Grazie per il vostro articolo! Mi ha fatto molto piacere. Formazioni di questo livello non ce ne sono più…..da mo’!

    Buon lavoro
    Giorgio

    • Avatar of C2V C2V ha detto:

      Grazie Giorgio, ci fa davvero piacere che tu abbia apprezzato l’articolo. E’ vero che i New Trolls sono allo stesso tempo il più grande gruppo italiano e mondiale (ne siamo ogni giorno più certi) e il più sottovalutato, assurdo ma è così. Fortunatamente però hanno anche un fan club micidiale, pieno di ammiratori che sono allo stssso tempo anche amici e questa è una cosa più unica che rara.
      Non finiremo mai di ringraziare Nico, Vittorio e compagni per la loro musica, e gli auguriamo sempre tutto il meglio ovunque siano!
      Alla prossima

  • Avatar of Neri Neri ha detto:

    Grazie per questo articolo.
    A proposito della differenza dei testi tra FS e America Ok, come dici tu è evidente, ma per FS Vittorio scrisse tutti i testi, mentre per i testi di America Ok si affidarono al team di Mogol, non so come mai.
    È chiaro che la differenza si senta.

    • Avatar of C2V C2V ha detto:

      Ciao Neri in effetti nell’articolo non abbiamo menzionato che i testi di America Ok furono scritti da Mogol e dal figlio Cheope, chissà per quali accordi tra loro, non è dato sapere.
      Quello che è certo è che sono testi molto simbolici e veri indicatori della fine di un’era, particolari, comunque un ulteriore cambiamento per loro.
      Grazie a te per il commento e alla prossima!

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