”Cade quest’anno il cinquantesimo compleanno di questo incredibile film, altrettanto incredibilmente e ingiustamente dimenticato.
The Boss
E’ capitata l’occasione, dopo tanti anni, di poter nuovamente visionare questa particolare pellicola di Corrado Farina, che contiene un messaggio urgente ed attuale, e ci siamo sentiti talmente chiamati in causa da avere la necessità di recensirlo per contribuire a dargli la visibilità che merita.
E’ un lavoro che si snoda attraverso un preciso utilizzo della simbologia e un uso peculiare della macchina da presa e delle tesissime musiche dell’ottimo Amedeo Tommasi di Avatiana memoria (purtroppo recentemente scomparso), che saranno anche fonte di forte ispirazione del futuro cinema “argentiano” (I Goblin prenderanno a piene mani).
Durante tutto il film viene urlato, con urgenza, un messaggio inquietantemente sempre più attuale: attenzione al potere della tecnologia che, vista come un mostro, irretisce e intimorisce l’uomo, rendendolo suo succube e estinguendo in lui ogni spirito di autocoscienza, critica e ribellione.
Data la natura del film, è impossibile non fare anticipazioni sulla trama, perciò consigliamo caldamente di visionarlo e tornare in seguito su questo articolo, per confrontare le proprie opinioni con le nostre.
Trama:
Il dr. Alberto Valle, (Giuliano Esperanti, alias Giuliano Disperati), impiegato dell’importante Auto Avio Motor, viene convocato dal presidente dell’azienda e invitato a recarsi presso la villa del proprietario, l’ing. Giovanni Nosferatu (Adolfo Celi).
Giunto nella località rurale che circonda la dimora, Valli incontra Laura (Francesca Modigliani), una hippy che viaggia senza meta precisa, alla ricerca di esperienze che la portino lontano dalla quotidianità.
Una volta arrivati alla villa, Laura decide di attendere il suo accompagnatore in automobile, mentre quest’ultimo si reca all’incontro con il magnate. L’atmosfera, che già nei dintorni del villaggio appariva sinistra, all’interno della tenuta di Nosferatu diventa ancora più gravosa e opprimente.
Lungo il viale d’ingresso, Valle viene scortato da due Fiat Cinquecento bianche, guidate da strani uomini che non rispondono alle sue domande. Varcata la soglia della casa, trova ad attenderlo l’algida segretaria personale dell’ingegnere, Corinna (Geraldine Hooper).
Il successivo colloquio con Nosferatu porta con sé delle grosse sorprese: l’uomo d’affari propone infatti a Valle di diventare il nuovo presidente della compagnia, e per questo lo invita a trattenersi alla villa affinché maturi la propria decisione.
Gli eventi si susseguono a ritmo incalzante, e Alberto si ritrova coinvolto in una strana ma coinvolgente relazione con Corinna. Tuttavia, durante alcune solitarie perlustrazioni fa una scoperta inquietante…
Le Cinquecento che, usate come cani da guardia, pattugliano la villa, sono un’ovvia metafora della classe operaia resa ottusa e sensorialmente deprivata per servire il padrone tradendo la propria anima e la propria individualità.
Stessa cosa che accadrà al protagonista, nel momento in cui sceglie di abbandonare la propria purezza – qua simbolizzata da Laura (L’ Aura, con anello di ametista), la giovane ragazza incontrata per strada – per varcare il cancello di villa Nosferatu, accettando il richiamo e la corruzione del potere e poter scoprire “quanto è profonda la tana del Bianconiglio”.
Disperati non sarà forse un attore perfetto ma riveste bene il ruolo e la sua mimica facciale rende bene la parte di un uomo alle prese con un dilemma di vitale importanza, la Hooper incarna perfettamente l’algida e filiforme Corinna, personaggio enigmatico ancora più dello stesso Nosferatu. Celi, al solito, è solidissimo in un ruolo perfetto per lui.
Farina sfrutta totalmente la propria esperienza in campo pubblicitario ed evita efficacemente di finire racchiuso nel film di genere, sfruttandone al contempo efficacemente l’onda per urlare il suo messaggio al mondo.
Nonostante ciò, la vena gotica che pervade il film finirà per influenzare profondamente proprio quello che è considerato il più famoso dei registi italiani del film di genere.
Inoltre, la freschezza delle idee trattate pare addirittura precorrere i tempi per sposarsi bene agli attuali, quasi una ‘premonizione’.
Una sequenza eccellente mostra una serie di bambini in culla e un enorme registro dove si leggono i nomi e i “destini” dei bimbi presenti e passati. Lì Alberto trova il proprio nome e una sua foto da bambino con la previsione che sarebbe diventato Presidente della Auto Avio Motor.
Nosferatu alleva i figli prediletti perché nel futuro ricoprano un ruolo alle sue dipendenze, mantenendone un assoluto e stretto controllo, tentando di impedire loro il libero arbitrio. Questa immagine è logicamente estendibile a tutti gli italiani, dei quali il destino, che ne siano coscienti o meno, è quasi sempre deciso da “altri”.
E’ immediata l’associazione del personaggio dell’ingegner Nosferatu con una ben nota figura dell’industria automobilistica di allora ma è, al tempo stesso, ancora più in sintonia con i tempi correnti.
La seduta del consiglio di amministrazione è un capolavoro di sottile ironia, perché al tavolo di Nosferatu siede ogni tipo di potere, persino quello ecclesiastico.
La parte metafilmica dei caroselli non è solo esilarante ma perfettamente al passo con i tempi odierni.
Ci troviamo insomma davanti ad un piccolo art-film che ha però il pregio di parlare in faccia ed essere quindi fruibile da chiunque.
Dal punto di vista estetico, i canoni del tempo sono ben rappresentati da complementi di arredo in stile Space Age, tra cui le splendide lampade Platea Artemide disegnate da Ferrari-Mazzucchelli-Tartaglino, che si mischiano con elementi più classici, conferendo un’atmosfera algida alla pellicola, atmosfera dove i colori vengono mantenuti su tenui tinte pastello tranne che per qualche studiata rottura improvvisa con colori accesi (vedasi il maglione giallo, simbolo di conoscenza e intelletto, del Disperati nelle scene diurne in esterni e nella cripta).
Singolari l’inserimento di continui jingle pubblicitari interattivi che entrano in funzione nel momento in cui si utilizzano oggetti all’interno dei locali della villa e i pasti a base di cibi fluidificati, definiti ‘socialismo gastronomico’ e volutamente resi privi di forma e sapore, perché possano evitare di evocare inutili piaceri che si tradurrebbero in energie sprecate invece che utilizzate a fini ‘produttivi’.
Come già accennato, Argento prenderà molto da questo film, dalle inquadrature e movimenti di camera (specialmente durante le esplorazioni per i corridoi e nella cripta), alle musiche, dalle luci-colori-scenografia della scena in cui Nosferatu suona il pianoforte di spalle e persino l’utilizzo della Hooper come caratterista per il personaggio dell’androgino Massimo Ricci in Profondo Rosso.
E’ impressionante quanto la scena del ritrovamento del registro dei ‘predestinati’, durante l’esplorazione dei corridoi, ricordi Suspiria (ma anche Inferno) per musiche ed accadimenti ma ovviamente non può non richiamare alla mente anche la celebre scena dei campi di coltivazione degli umani in Matrix.
Alcuni degli ‘slogan’ lanciati come mantra diabolici durante il film:
‘Gli uomini, li obblighi a lavorare e ti dicono grazie’
‘pubblicità e sesso’
‘Alice nel paese del consumo’
‘La vendita delle indulgenze’
‘La futura occupazione di tutti i bambini è di essere consumatori specializzati’
‘Ritorno alla culla’
‘Psicoseduzione dei bambini’
‘Reclutamento di nuovi consumatori’
‘La regia del consenso’
‘Come si coltiva l’ottimismo’
‘Il consumatore và aggredito quando meno se lo aspetta, nell’intimità del soggiorno, della cucina, della camera da letto’
‘Narcisimo di massa’
‘Attacco all’inconscio’
‘I capricci del consumatore’
‘La materia su cui lavoriamo è la sostanza stessa di cui è fatta la mente umana’
‘I simboli del prestigio’
‘Gli ami vengono calati’
‘L’anima in scatola’
Incredibilmente, il film di Farina venne osteggiato proprio da quella sinistra liberista che avrebbe dovuto abbracciarlo ed eleggerlo a proprio baluardo e, contro ogni ovvietà, scelse invece di snobbarlo e addirittura stroncarlo apertamente dalle pagine de L’Unità con una recensione che lascia a bocca aperta:
«Diremmo che per un’opera prima essa si mostra nell’insieme terribilmente datata con tutti i vezzi paraintellettuali che ostenta, con tutte le compiaciute “citazioni” del cinema di periodi gloriosi tipiche degli incanagliti frequentatori di cineclub, con tutto l’armamentario apparentemente dissacratorio di miti e di presenze del nostro tempo contro i quali, se si vuole davvero averne ragione, occorrono ben altre energie, ben altra lucidità, ben altro coraggio che non le funamboliche e puerili metafore di Hanno cambiato faccia»
«Spiace dire parole così severe per un’opera prima quale quella di Corrado Farina ma il fatto è che in essa l’apparente carica di azione eversiva si tinge di tali e tante corrive banalità contro le quali secondo noi sarebbe colpevole restare indifferenti o peggio acquiescenti» – Sauro Borelli, Mediocrità variabile al XXIV Festival di Locarno, in L’Unità, 10/08/1971.
Di ben altra opinione furono al Festival di Locarno di quell’anno dove, il film vinse il Pardo d’oro come opera prima.
Chiudiamo con le ottime parole di Salvatore Incardona, tratte dal suo articolo sul film, e una considerazione di Corrado Farina stesso:
Salvatore Incardona:
-Non ci dilungheremo su quali rovinose conseguenze ebbe all’epoca un certo tipo di commenti, ma è facile immaginare come tale ostracismo finì per condizionare il giudizio del pubblico (specializzato e non), impedendo così alla pellicola di ricevere un’adeguata distribuzione. Anzi, a frenarne sul nascere ogni possibile diffusione su larga scala arrivò anche il blocco della censura che appose un arbitrario quanto incomprensibile V.M. 18.
E a tal proposito non possono che risultare emblematiche le parole rivolte da Giovanni Nosferatu al proprio dipendente Alberto Valle dopo la proposta di mettere lui a capo di una delle società: «Lei sta pensando che questo discorso sia sproporzionato rispetto all’offerta che le faccio. Ma non è così. Io non possiedo soltanto un certo numero di fabbriche, di aziende, di grandi magazzini. Possiedo anche giornali, partiti politici, gruppi di opposizione».
A quasi cinquant’anni di distanza, a noi rimane comunque un’opera audace, preziosa, alla quale si può rimproverare forse qualche leggera pecca di regia – dovuta più che altro al limitatissimo budget a disposizione [Cfr. Corrado Farina, in D. Bracco, S. Della Casa, P. Manera, F. Prono (a cura di), Torino città del cinema, Il Castoro, Milano, 2001. ] – ma che nell’insieme appare come un magma di fantasia e simbolismo, di reale e irreale, di narrazione avvincente e di critica impietosa che costituisce il suo carattere specifico e il suo miglior pregio.-
Corrado Farina:
-Non ho cambiato il mio punto di vista. Se non altro, è ancora più negativo. Considero ancora un certo tipo di pubblicità – quella che persuade o manipola, piuttosto che informare – come un volano per spingere gli esseri umani in direzioni forse utili e positive dal punto di vista economico, ma pericolose e sbagliate da un punto di vista etico e sociale. Come potrebbe dire Erich Fromm, crea un focus sull ‘”avere”, piuttosto che sull’ “essere”.-
Scheda Tecnica
… HANNO CAMBIATO FACCIA (1971) DI CORRADO FARINA
Anno 1971
Durata 97 min
Genere Fantastico – Horror – Satirico
Regia Corrado Farina
Soggetto Corrado Farina
Sceneggiatura Corrado Farina, Giulio Berruti
Casa di produzione Filmsettanta
Fotografia Aiace Parolin
Montaggio Giulio Berruti
Musiche Amedeo Tommasi
Interpreti e personaggi
Giuliano Esperati (Disperati): Alberto Valle
Adolfo Celi: Giovanni Nosferatu
Geraldine Hooper: Corinna
Francesca Modigliani: Laura
Doppiatori italiani
Renato Turi: Giovanni Nosferatu
Benita Martini: Corinna
Rassegna Stampa
Il trailer del film “…HANNO CAMBIATO FACCIA”
Corrado Farina era una persona poliedrica e si è occupato di molte cose. Sono interessanti i suoi corti e gli spot, che si possono trovare facilmente online, sono interessanti i suoi libri e gli altri suoi lavori. Si consiglia una visita alla sua pagina web.