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C’erano una volta tre ragazzi siciliani, due fratelli e un cugino, già preparati musicalmente e con la testa nel futuro. I tre ragazzi avevano un progetto e per realizzarlo chiamarono un amico al basso. Nacque “Flea on the Honey”, la pulce sul miele.
Una pulce che diventerà Etna.

Lorenzo

La copertina dell’album Flea On The Honey

Era il 1971, gli inizi del rock progressivo in Italia, ed era sempre ben presente una grande vena psichedelica e, purtroppo, una netta moda esterofila, che portò i nostri a scegliere di usare la lingua inglese per il nome del progetto, i testi dei brani, le note di copertina e persino i loro stessi nomi.

La copertina interna dell’album

Al di là di questo, il disco omonimo era veramente notevole, sia dal punto di vista compositivo che esecutivo strumentale e vocale. Il disco, uscito per la microscopica etichetta Delta, passerà purtroppo praticamente inosservato ma porterà i tre ragazzi a Roma, dove incontreranno il loro bassista definitivo e questo incontro getterà le basi per il successivo “Topi o uomini” (1972) a nome Flea.

La copertina di Topi o Uomini

Il titolo del disco dà nome ad una epica cavalcata jazz rock psichedelica di 20 minuti (l’intera prima facciata del’album) con notevoli parti chitarristiche in rilievo che intessono melodie assolutamente nuove su una base compattissima di grandi basso e batteria, sottolineando abilmente le linee vocali.

Il secondo lato, di questo lavoro decisamente più maturo, comprende tre brani che metteranno in luce tutte le doti strumentali e le ispirazioni dei quattro ragazzi, che, ad un solo anno di distanza hanno dato alla luce un disco estremamente complesso con jazz, rock, psichedelia e sperimentazione al suo interno. I testi sono questa volta in Italiano e scopriamo finalmente i loro veri nomi.

La copertina interna dell’album Topi o Uomini

I quattro ragazzi sono Antonio (tastiere, fiati e voce) e Agostino Marangolo (batterie e percussioni), Carlo Pennisi (chitarre e strumenti a corda) e Elio Volpini (basso).

I due fratelli Marangolo sono noti per le collaborazioni con Goblin (fin dai tempi di Profondo Rosso, del quale si dichiarano compositori del brano Death Dies), Napoli Centrale, Guccini, Paolo Conte, Pino Daniele, Ornella Vanoni ed altri.

Il cugino Carlo Pennisi, chitarrista di grande levatura, ha lavorato come turnista in molti dischi, sia di gruppi prog che commerciali italiani.

Ha un curriculum sterminato che comprende Libra, Goblin, New Perigeo, Enzo Carella, Nada, Cocciante, Ivan Cattaneo, Alberto Radius, Ivano Fossati, Morandi, Mike Francis, Renzo Arbore, Enrico Ruggeri, Rettore, Renato Zero, De Crescenzo, Paola Turci e persino l’ultima parte della carriera di Rino Gaetano, prima di dirigersi negli USA dove vive, suona e produce da oltre trenta anni.

Elio Volpini entrerà dapprima nell’Uovo di Colombo con Tony Gionta, ex Goblin e Cherry Five. E suonerà con Claudio Lolli e con decine di altre formazioni, portando avanti un suo progetto su Jimi Hendrix che lo vedrà questa volta e a seguire, alla chitarra.

Ma è con il terzo lavoro che i nostri verranno finalmente alla luce per quei musicisti preparatissimi che sono e che affronteranno da lì in avanti carriere da turnisti per i grandi professionisti italiani e non solo.

Il disco venne registrato allo studio Catoca di Roma in una settimana, a nome Etna, e contiene alcune perle assolute di Jazz Rock, ispirato forse a Weather Report e Return To Forever come partenza, ma con sapori e musicalità completamente personali e assolutamente mediterranee.

La copertina di Etna

I sette brani strumentali che lo compongono sono di levatura altissima, con almeno cinque possibili hit nell’ambito del jazz rock.

In questo album si può trovare la più alta sintesi di fusion tra rock, jazz, progressive, sperimentazioni, mischiando abilmente strumenti moderni, classici e della tradizione mediterranea a vocalizzi e assonanze e dissonanze della nostra area culturale di appartenenza.

Il suono è perfetto, nitido, caldissimo, levigato ma anche aggressivo dove deve esserlo. L’esecuzione è perfetta, l’uso dell’effettistica è di classe assoluta, mai preponderante, così come i solismi, che sono esclusivamente funzionali al progetto di insieme e mai egotici.

A mio parere, in questo disco si possono assaporare alcuni dei più bei passaggi e suoni di Stratocaster, la classe di Pennisi è indubbia ma tutto l’ensemble è davvero degno di nota e si fa fatica a credere che si tratti ancora di giovani, tanto la composizioni e le esecuzioni sono mirabili che si è convinti di trovarsi davanti a professionisti ormai navigati.

I pezzi si susseguono incessantemente, ricchi di atmosfere descrittive che percorrono quadri emotivi di ogni tipo, dalla drammaticità di “Beneath the Geyser” al romanticismo della splendida “Barbarian Serenade”, che chiude in bellezza con il suo finale epico guidato dal mandolino di Pennisi.

Il retro copertina di Etna

Il drumming di Marangolo è un motore perfetto, potente e ricco di sfumature. Il basso di Volpini è roboante, preciso e scolpito. Le tastiere e i fiati di Antonio Marangolo sono sempre perfettamente descrittivi e cesellati. Le chitarre di Pennisi mordono e accarezzano allo stesso tempo, mai sovrabbondanti, inseguendo fraseggi fantasiosi e intessendo atmosfere perfette.

Non si può che consigliare l’ascolto di questo capolavoro, una delle rare volte che questa definizione può essere usata con la massima tranquillità, senza timore di esagerazione alcuna.

Ascolta l’album completo “Etna”

Lato A

1. Beneath the Geyser – 3:56 (Marangolo, Pennisi)
2. South East Wind – 6:10 (Marangolo, Pennisi, Volpini)
3. Across the Indian Ocean – 5:36 (Pennisi, Volpini)
4. French Picadores – 4:26 (Pennisi)

Durata totale: 20:08

Lato B

1. Golden Idol – 8:59 (Marangolo, Pennisi)
2. Sentimental Lewdness – 6:42 (Pennisi)
3. Barbarian Serenade – 5:14 (Marangolo)

Durata totale: 20:55

Producer – Mario & Giosy Capuano

Carlo Pennisi ai tempi di Rino Gaetano

Carlo Pennisi in tempi recenti

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