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Nel 1969 Luciano Salce, con la sua solita attitudine caustica, mette in scena una vicenda grottesca sotto forma di satira fantapolitica. Il risultato è sorprendente e azzeccatissimo: il nostro “Pilantra”, con la collaborazione di Ennio De Concini al soggetto e sceneggiatura, mescola spionaggio, commedia e osservazione sociale e politica con commento di un Coro greco e spunti postmoderni che vanno dal mockumentary al metacinema.

Daniele Pieraccini

«Libertà e democrazia con un poco di caviale».

Se c’è un film che merita una revisione e un riconoscimento del suo valore è il poco conosciuto, restaurato nei primi anni 2000 e poi perso di nuovo, Colpo di stato di Luciano Salce.

Un opera avanti anni luce rispetto al coevo cinema (non solo) italico, che spinge all’estremo il grottesco di una società tragicomica attraverso l’impostazione stessa della story, l’uso della macchina da presa (grandangoli e macchina a spalla sono ricorrenti), il montaggio e la colonna sonora.

“Lei, Onorevole, per chi vota?”

“Ma io voto per l’Italia! Per il bene del popolo!”

La vicenda anticipa le elezioni del 1972, ipotizzando una schiacciante vittoria del PCI con conseguente prospettiva di ribaltamento dell’ordine sociale e politico.

Attraverso una galleria di personaggi e situazioni, che comprendono una serie di personaggi politici che ricordano quelli reali dell’epoca, si ricostruiscono le ore della votazione e le conseguenze dell’esito, emanato da un super computer fornito dagli USA.

Alberto Plebani interpreta il Presidente del Consiglio

“Salce vegetale”

La prima parte della pellicola è frenetica e disorientante, tra carosello e cinegiornale. Varie scene apparentemente estemporanee si affastellano l’una sull’altra dando l’impressione di una farsa goliardica e un po’ naif, alternate ad un coro operistico che commenta gli avvenimenti.

Già le interviste ed i reportage e la presenza di Salce nella parte di sé stesso però sfondano da subito la quarta parete, suggerendoci che da tutta quella frenesia potrebbe nascere qualcosa di estremamente interessante.

Infatti iniziano a susseguirsi scene spassose e riuscitissime, come quella del ministro nella palude e quella della suora che accompagna un cadavere al seggio elettorale.

“Tra moda ed elezioni ci sono molti punti di contatto”

Poi la vicenda, sempre commentata dal Coro greco, muta pelle. Si abbassa il ritmo ma lo spasso non diminuisce, convivono verosimiglianza e assurdo e l’insieme è compatto nella sua lungimiranza storico-antropologica.

La satira di Salce si fonda su una cognizione piuttosto esatta delle strutture politiche e sociali italiane, e lo conduce ad una sconsolata ed allo stesso tempo divertente presa d’atto di come il popolo non possa che essere ingannato da chi guida queste strutture.

Il regista romano non risparmia niente e nessuno, demolendo a destra, al centro e a manca.
Il grottesco che mette in scena ha una sua forza poetica, ci fa ridere spingendo personaggi e situazioni fino ad un assurdo che diviene più reale della realtà stessa, preconizzando i disastri a venire che colpiranno il nostro Paese.

Il fotografo Matruch scatta continuamente per tutto il film, qua si intravede Janet Agren, allora modella e attrice.

“Però voi americani siete dei cervelloni…perché non fate la rivoluzione?”

“Son of a bitch!”

L’atmosfera ed il tono dei personaggi ci fanno pensare ad un Dottor Stranamore in versione nostrana; le assonanze diventano evidenti quando il personale civile e militare dell’ambasciata statunitense, sotto pressione per il risultato elettorale, si rilassa in una sala di proiezione ammirando soddisfatto le riprese di esplosioni nucleari.

La spietata satira di Salce, oltre ai partiti di tutto l’arco costituzionale, prende di mira anche i poteri che, in teoria, dovrebbero essere super partes: la Chiesa, schierata ovviamente con lo scudocrociato ma pronta alla convivenza con il potere, di qualsiasi stampo sia, e la televisione.

Spassosa e profetica è la vicenda del dirigente RAI, che dopo aver temporeggiato con documentari sui fiori del Molise e sul Brunelleschi pur di non mostrare gli esiti elettorali, capisce l’andazzo e cerca di regolarsi di conseguenza spingendo una cantante invitata in studio a cambiare immagine e repertorio “in corsa” ed incitandola a cantare canzoni sempre più “di protesta, anarchiche, di sinistra!”.

Dimitri Tamarov è Matruch, il fotografo

“Non abbiamo colbacchi, signor Generale!”

Oltre ai politici, con il loro linguaggio vacuo e con i loro tatticismi paradossali e ipocriti, il film non risparmia bordate ai nostri “alleati” statunitensi e ai loro portenti tecnoscientifici, prontamente rinnegati all’occorrenza.
Sferzate anche alle figure militari e alla classe più agiata che si da alla fuga sugli yacht presa dal terrore della vittoria delle classi “inferiori”.

Non sfuggono all’ispirazione distruttiva di Salce le persone comuni: memorabili l’assalto alla merceria e l’amplesso continuamente frustrato di Orchidea De Santis e Silvano Spadaccino (lei si concede solo se vince la DC).

Ma chi esce più ridicolizzata è la democrazia stessa, con il suo inutile rito sotteso del voto popolare.

Di carne al fuoco il regista romano ne mette veramente tanta in quest’opera, dispiegando una galleria di personaggi piccoli, cinici e pavidi, che compongono un puzzle apocalittico di rassegnata ferocia.

I due fidanzati, Orchidea De Santis e Silvano Spadaccino

“Col cavolo!”

Alla fine la stagnazione prevale: una vittoria dei comunisti avrebbe scontentato tutti e messo in pericolo la pace. Per cui la sinistra rinuncia a governare e preferisce proseguire la “lotta” all’opposizione, per proprio bieco tornaconto ed in barba alla volontà del popolo.

L’epilogo della vicenda è tremendamente realistico e italiano, e basta da solo a spiegare il perché questo film interessantissimo sia stato criticato, boicottato e poi dimenticato per decenni.

Copertina della colonna sonora del film

UNA SCENA DEL FILM “COLPO DI STATO”

“Colpo Di Stato” (IT 1969) di Luciano Salce

Regia: Luciano Salce
Soggetto: Ennio De Concini
Sceneggiatura: Ennio De Concini
Casa di produzione: Vides Cinematografica
Fotografia: Luciano Trasatti
Montaggio: Sergio Montanari
Effetti speciali: Giancarlo Urbisaglia
Musiche: Gianni Marchetti
Scenografia: Giorgio Giovannini

Personaggi e interpreti

Luciano Salce: se stesso
Dimitri Tamarov: Matruch, il fotografo
Raffaele Triggia: Segretario del PCI
Alberto Plebani: Presidente del Consiglio
Amedeo Merli: Giordano
Anna Maria Capparelli: Moglie di Giordano
Bebert Marboutie: Presidente degli Stati Uniti
James E. Mishener: Ambasciatore degli Stati Uniti in Italia
Vittorio Ripamonti: Membro della segreteria del PCI
Giovanni Rionni: Claudio Villa
Orchidea De Santis: La fidanzata
Steffen Zacharias: George Bradis, l’inventore del calcolatore
Silvano Spadaccino: Il fidanzato di Anna Ferretti
Anna Casalino: Anna Ferretti
Giuseppe Ravenna: Generale dei Servizi
Luigi Valanzano: Politico del PCI
Janet Agren: Fotomodella

 

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