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Makoto Matsushita è un peculiare musicista giapponese che, pur essendo oggi molto conosciuto e apprezzato dagli appassionati internazionali di city pop per i suoi notevoli album solisti ed aver lavorato a lungo come turnista per personaggi del calibro di Mai Yamane (sue le chitarre e la produzione del bell'album di debutto Tasogare) è stato per lungo tempo misconosciuto in patria.
Eppure si tratta di un musicista davvero notevole e prolifico, da sempre impegnato in parecchi progetti musicali di ogni genere, oltre che grande sperimentatore e uno dei principali responsabili del rinnovamento sonoro della musica giapponese degli anni 80.
Per omaggiarlo vogliamo proporvi la traduzione di una rara intervista che ha rilasciato nel 2019.

Lorenzo

I primi due album solisti di Makoto Matsushita, pur essendo piuttosto diversi dai capisaldi del genere, sono oggi considerati degli standard del city pop, soprattutto il debutto First Light, praticamente una pietra miliare del “genere”.

Per la traduzione dell’intervista mi baserò sulla traduzione inglese di Henkka.

 

Intervista a Makoto Matsushita

(Testo e intervista originali di Yusuke Kawamura & Rita Takaki)

 

Iniziamo con qualche cenno biografico.

Dopo essere entrato al conservatorio a 18 anni per specializzarsi in teoria, composizione e arrangiamento scegliando la chitarra come strumento, Matsushita inizia la sua carriera professionale come musicista live già l’anno seguente, collezionando oltre 500 esibizioni in 4 anni.

A 22 anni compie il suo primo lavoro in studio come arrangiatore, chitarrista e tecnico della produzione sonora di Tasogare, album di debutto della celebre cantante Mai Yamane (nota anche per The Real Folk Blues, brano di chiusura degli episodi della celebre serie tv anime Cowboy Bebop), dopodiché  continuò a lavorare per innumerevoli artisti come arrangiatore, produttore e chitarrista nel cuore della scena musicale pop giapponese.

Come solista pubblicò 3 dischi in sequenza dal 1981 al 1983: First Light, vero e proprio city pop ma con anche brani di atmosfera, The Pressures and The Pleasures (che mischia il pop all’ AOR, alla fusion e al prog) e lo splendido Quiet Skies, album molto maturo e di ancor più ampio respiro, che prende le distanze dal pop per abbracciare fusion, prog rock, AOR, new wave, world music, ambient.
Il suo quarto e ultimo album solista è Visions, del 2019, di genere ambient.

Oltre al lavoro da solista e come session man, collabora in altri progetti musicali di vari generi: pop rock con Yoshino Fujimaru negli AB’S, rock progressivo coi Paradigm Shift e Future Days, fusion jazz contemporanea coi Groove Weather, musica per cori a cappella coi Breath by Breath, funk rock coi Rainey’s Band, nonché musica ambient e improvvisazione totale in Nebula. e ricerca e sperimentazione di nuove sonorità con vari altri progetti.

Come chitarrista e arrangiatore conto terzi, Makoto Matsushita è noto soprattutto per i suoi arrangiamenti dei cori per artisti come SMAP e KinKi Kids, il suo lavoro di supporto per un gran numero di artisti e per le musiche per anime come Berserk, Evangelion e Bleach.

 

Ora (nel 2019), i suoi primi due album solisti vengono ricompilati con tracce bonus e ristampati con rimasterizzazione ad alta risoluzione di ultima generazione: First Light, disco seminale per il city pop con le sue stupende composizioni, notevole per i suoi meticolosi arrangiamenti e performance musicali, e The Pressures And The Pleasures, che riflette più da vicino i gusti personali del suo creatore con la sua forte influenza prog rock e fusion.

Oggi, grazie al crescente apprezzamento per la musica giapponese degli anni ’80, queste pubblicazioni si distinguono come capolavori acclamati sia dentro che fuori del Giappone. Entrambi questi fantastici album sono ormai dei classici fuori dal tempo.

Per commemorare la ristampa di questi album, abbiamo voluto realizzare un’intervista via e-mail con l’artista stesso. In questa rara intervista, gli abbiamo chiesto degli inizi della sua carriera, del periodo delle sue prime due uscite da solista e cosa ha fatto da allora.

makoto matsushita

— Prima di tutto, da quanto emerge dalla tua biografia hai debuttato inizialmente come musicista di supporto dal vivo e in studio all’età di 19 anni. Come si sono svolti i tuoi inizi da giovane artista discografico? C’è stata forse una “persona chiave” che ti ha ispirato o guidato nella tua carriera?

Makoto Matsushita: Per quanto riguarda l’ispirazione musicale, i primi sono stati Rolling Stones, Cream e Led Zeppelin, in seguito al liceo mi sono appassionato al prog rock di Yes, King Crimson e Pink Floyd. Di conseguenza volevo diventare anch’io un musicista, ma non avendo un background o una conoscenza della teoria musicale ho semplicemente rinunciato all’idea.

Poi un giorno mi capitò di imbattermi nell’esatto opposto del prog rock: la musica di Neil Young. Mi emozionai molto e pensai che forse anch’io avrei potuto fare il musicista dopotutto. Anche una volta entrato alla scuola di musica e iniziato a lavorare dal vivo e in studio, non ho mai rinunciato al voler fare la mia musica.

Per quanto riguarda le persone che dedicavano tempo ad ascoltare le mie canzoni, ispirandomi a diventare un artista e arricchendomi come musicista, ce ne sono troppe per poterle nominare tutte.

— Chi erano i tuoi eroi della chitarra, quelli che ti ispirarono a diventare un musicista?

Makoto Matsushita: Inizialmente non miravo a diventare un chitarrista, ero semplicemente interessato a creare musica nel suo insieme, quindi non avevo dei eroi chitarristi in particolare. Se dovessi nominare qualcuno suppongo sarebbero i chitarristi delle band che ho citato. I grandi chitarristi dovrebbero essere bravi anche a scrivere musica.

— L’aver prodotto Tasogare di Mai Yamane e l’album di Toshihiko Tahara a 22 anni ha segnato per te un punto di svolta, rendendoti successivamente molto impegnato come produttore e musicista. Hai qualche aneddotto che illustri quanto eri attivo in quei giorni?

Makoto Matsushita: Ai tempi ero follemente impegnato. Era tipico per me stare sveglio a lavorare tutta la notte due o tre giorni alla settimana, e qualunque giorno libero riuscissi a prendere, lo passavo solo a dormire per dare un po’ di riposo al mio corpo. Dicevo alla gente, quasi scherzando, che il mio unico sogno nella vita era andare a fare un giro per Shonan in estate. Non avevo assolutamente tempo per me stesso.

A proposito, scrissi la canzone “One Hot Love” nel mio primo album, First Light, proprio su quel sogno. (ride) Alla fine riuscii a fare quel viaggio solo verso i trentacinque anni ma scoprii che il mare a Shonan non era come me lo ero immaginato. Ho cercato altri posti simili dove si potesse controllare la qualità del mare, prima di trovare finalmente questo posto a Nishi-Izu. Da allora ho deciso di concedermi sempre una vacanza estiva e di andarci una volta all’anno.

— Quando i TV Asahi Studios installarono per la prima volta un sistema di registrazione a 16 tracce, vollero iniziare con una registrazione di prova. E’ stato questo che ha portato all’uscita del tuo album solista, First Light. Come è nata questa registrazione di prova ai TV Asahi Studios?

Makoto Matsushita: Hai davvero fatto i compiti! (ride) Avrò avuto 21 anni o giù di lì. Dopo essere stato presentato loro da un mio musicista anziano, i TV Asahi Studios mi contattarono con un’offerta per fare una registrazione di prova per loro usando una delle mie canzoni originali.

I registratori a 8 tracce erano stati la norma fino a quel momento e la mancanza di canali rendeva le cose molto difficili: le 8 tracce non erano nemmeno sufficienti per la sola sezione ritmica. Creare il tipo di suono che volevo era sempre una lotta, quindi ero molto entusiasta della prospettiva di avere accesso a 16 canali, sapendo che avrebbe risolto istantaneamente tutti i nostri problemi. Sembrava l’arrivo di una nuova era.

Dopodiché, non passò molto tempo prima che avessimo 24 canali, passammo dall’analogico al digitale, avevamo 32 canali, 48 canali e poi entrammo nell’era di Pro Tools. Ma se dovessi chiedermi se tutta questa evoluzione nelle tecniche di registrazione abbia portato anche all’evoluzione della musica nel suo insieme…? Non direi proprio di sì, no. Ho sensazioni contrastanti in merito.

— In che modo queste registrazioni portarono alla tua uscita da solista?

Makoto Matsushita: Ad un produttore di Nichion capitò di ascoltare “September Rain“, la canzone che registrai per la sessione di prova, e mi chiesero di fare un album solista. Quella canzone venne poi inclusa nell’album First Light.

— Avevi qualche idea in mente per First Light, specialmente in termini di suono?

Makoto Matsushita: Dato che era il mio primo album, cercai di mantenerlo semplice e “pop”. Feci semplicemente del mio meglio per mostrare tutte le influenze AOR che avevo assorbito fino a quel momento: non c’era nessun concetto speciale oltre a quello. Ci scusiamo per la  breve risposta. (ride)

— Ci sono opere di artisti stranieri che ti hanno influenzato e su cui hai modellato questo album?

Makoto Matsushita: Quella era l’età d’oro dell’ AOR, ed ero ancora giovane, molto impegnato a farmi influenzare da tutti i tipi di artisti diversi. Per quanto riguarda i lavori specifici che ho usato come modello, ce ne sono troppi da elencare. Se proprio dovessi, potrei citare i lavori di artisti come Airplay, Steely Dan, Pages, Jay Graydon, ecc.

Ad esempio, la canzone “Lazy Night” che è su First Light. Composi quella canzone basandomi sull’immagine di copertina dell’album Gaucho degli Steely Dan, e suona anche simile a una traccia dell’album chiamata “Glamour Profession”. Anche rispetto al resto dei loro lavori credo che quella canzone sia uno dei loro capolavori assoluti.

This is all I have for You è uno dei classici dello splendido album di debutto di Makoto Matsushita First Light.
Video da noi realizzato per il nostro canale YouTube City Pop Gems
Nel secondo link, l’album al completo.

— Il tuo primo album è stato pubblicato nel 1981 tramite la RCA/Air, mentre The Pressures And The Pleasures (1982) è stato il primo album ad essere pubblicato dalla Moon Records. In seguito avrebbero pubblicato un gran numero di dischi di artisti come Tatsuro Yamashita e altri, lavori che oggi vengono definiti “city pop“. Come siete arrivati ​​a pubblicare i vostri album attraverso la Moon Records?

Makoto Matsushita: La persona che ha fondato la Moon Records era in realtà il presidente della RCA/Air ai tempi dell’uscita di First Light, quindi mi sono trasferito lì con lui quando è diventato indipendente… Tutto qui.

— Quale fu la risposta al tuo album di debutto alla sua uscita?

Makoto Matsushita: Non ricordo che abbia venduto molto. (ride) Immagino che abbia creato un po’ di scalpore. Però mi ricordo questo… C’erano dei negozi di noleggio di dischi che erano popolari tra i giovani a quei tempi, e ricordo di aver saputo che in un paio di quei negozi—a Roppongi e in un altro da qualche parte a Osaka—fosse il loro album più noleggiato. Per me questo significava molto di più delle vendite.

— Attualmente sei impegnato a realizzare vari tipi di arrangiamenti per cori. Come pensavi a quell’aspetto della musica mentre lavoravi al tuo materiale solista? C’era qualcosa di ciò che stavi facendo nel tuo primo materiale solista che rimane immutato fino ad oggi nel modo in cui ti avvicini all’arrangiamento dei cori, cioè qualche aspetto fondamentale che non è mai cambiato? E in caso, quale?

Makoto Matsushita: Ero un membro del coro del nostro liceo. Cantare in coro è… È difficile da spiegare a qualcuno che non l’ha sperimentato, ma è un tipo di piacere completamente diverso da quello che si prova, ad esempio, suonando uno strumento o cantando come solista.

Quando la tua voce risuona con le voci degli altri e quelle vibrazioni riempiono l’aria, non riesco nemmeno a esprimere a parole quanto sia emotivamente commovente. Anche solo un semplice accordo Do-Mi-Sol, quando riesci ad armonizzarlo perfettamente non c’è un’altra sensazione simile. Quindi ho sempre avuto il desiderio di cantare in coro. Successivamente ho realizzato anche due album con un gruppo a cappella chiamato Breath By Breath.

— Oggi, il suono AOR del tuo primo album è apprezzato da molte generazioni più giovani e considerato come genere “city pop”. Quali sono i tuoi sentimenti a riguardo?

Makoto Matsushita: Guardando indietro, un aspetto importante di AOR è stato lo sviluppo musicale della sezione ritmica. La musica degli anni ’80 aveva complicate progressioni di accordi e combinazioni ritmiche e credo ci sia stata una “reazione” contro tutto ciò negli anni ’90. Hanno raschiato via tutta la carne in eccesso mentre anche i testi hanno iniziato a prendere una direzione più realistica. Anche la tecnologia informatica deve aver influenzato notevolmente la musica…

Ma a partire dal 2010 circa, non sembra che ci sia stata un’altra reazione negativa a tutto ciò? Naturalmente, quando oggi ascolti il ​​materiale degli anni ’80, la maggior parte di esso sembra piuttosto datato. Ma mettendo da parte la “freschezza” del suono in sé e parlando puramente da un punto di vista musicale, negli anni ’80 si era stabilito qualcosa di veramente musicalmente significativo. Deve essere qualcosa che ora sta raggiungendo le orecchie di quelle generazioni più giovani senza che nemmeno se ne rendano conto.

Inoltre, la musica creata sui computer non suona più “nuova”. E le persone sono sempre pronte ad annoiarsi delle cose. (ride) Musica creata interamente da mani umane: c’è semplicemente qualcosa di diverso in quel suono. Sento che queste tendenze principali si ripetono sempre, una volta ogni 20 anni circa.

— Ascolti mai la musica composta da quelle generazioni più giovani?

Makoto Matsushita: Sono sempre curioso della nuova musica. Ma anche se spuntano costantemente nuovi artisti straordinari, non posso dire di aver sentito qualcuno che sia stato influenzato da me… (ride)

— Il tuo secondo album, The Pressures And The Pleasures, ha un’atmosfera di rock elettronico/progressivo. Qual era il tuo obiettivo nel creare il sound per questo secondo album?

Makoto Matsushita: Essere riuscito a far emergere il mio lato pop nel primo album, mi ha dato il desiderio di spingermi verso qualcosa di più musicalmente ambizioso. Stavo iniziando la mia ricerca per diventare più originale in termini di musica, e ho sempre amato la musica complessa oltre al pop—King Crimson, Yes, Pink Floyd, Weather Report, Miles Davis, ecc.—quindi volevo fare qualcosa di più avventuroso.

Questa ricerca è ciò che ha portato alla creazione di due canzoni: “The Pressures And The Pleasures” e “The Garden Of Walls”. Era un suono completamente diverso rispetto all’approccio pop del mio primo album, quindi i ragazzi dell’etichetta discografica devono essere rimasti piuttosto sorpresi. (ride)

Inoltre, poco prima di iniziare a lavorare su questo album, ebbi l’opportunità di assistere al concerto che segnò ritorno di Miles Davis in Giappone. Fu una grande ispirazione per me. Mi commosse profondamente vederlo andare oltre i confini del jazz e costruire la sua musica in un modo del tutto originale, il tutto sopportando la sua malattia. “The Garden Of Walls” è il mio tributo a Miles.

— The Pressures And The Pleasures conteneva qualche altro concetto?

Makoto Matsushita: Essendo coinvolto nella produzione del suono negli anni ’80, c’era una cosa che mi dava fastidio: il fatto che fossero praticamente tutte canzoni d’amore. Per dirla senza mezzi termini, ne ero disgustato. “Non c’è nient’altro che vuoi esprimere come essere umano oltre al tema dell’amore ?!”

Sono cresciuto con la musica influenzata dal movimento Flower Power. Le canzoni con temi contro la guerra e la libertà avevano il sostegno di tutti i giovani: c’era un senso incoraggiante di una nuova era che si inaugurava. Ma la verità è che quando siamo entrati negli anni ’80, le canzoni con quel tipo di temi svanirono in sottofondo… Questo è ciò che mi ha fatto decidere di scrivere canzoni su altre cose oltre all’amore.

Io stesso stavo crescendo spiritualmente in quel momento, e così fui risvegliato all’intera idea del dualismo: “si può crescere solo quando si vedono entrambi gli estremi delle cose”. E “The Pressures And The Pleasures” era una canzone nata da tutto questo. Incaricai Chris Mosdell di scrivere i testi, e ricordo che mentre gli stavo spiegando tutto queste mie necessità nel mio inglese scadente, a metà della mia spiegazione stava già dicendo: “Oh, capisco!” Capì immediatamente.

È un peccato come ora sembriamo involvere, allontanandoci dall’intera mentalità di “libertà e amore per il prossimo” che avevamo allora… Questa conversazione ha preso una piega un po’ difficile, eh? (ride)

Carnaval: The Dawn è la notevole hit tratta dall’album di Makoto Matsushita The Pressures And The Pleasures.
Video da noi realizzato per il nostro canale YouTube City Pop Gems
Nel secondo link, l’album al completo.

— All’epoca suonavi dal vivo qualcosa di questo materiale solista?

Makoto Matsushita: Suonavamo “The Pressures And The Pleasures” e “The Garden Of Walls” con la mia band, i Paradigm Shift. “The Pressures And The Pleasures” va avanti per oltre 11 minuti anche sull’album, ma quando la facevamo con la band divenne un’epopea di oltre 40 minuti.

— Finora hai pubblicato quattro album da solista e, considerando la lunga durata della tua carriera, non è molto. C’è qualche motivo per cui ritieni che collaborare con band e progetti ti si addica meglio del lavoro da solista?

Makoto Matsushita: Non particolarmente. Ho semplicemente iniziato a concentrarmi maggiormente su Paradigm Shift.

— Sembra che ci sia una separazione tra il tuo lavoro da solista e i tuoi vari progetti di arrangiamento/produzione. A quei tempi, il tuo entusiasmo era più forte quando si trattava del tuo materiale solista e dei lavori in cui eri un artista principale?

Makoto Matsushita: Una domanda un po’ azzardata, eh! (ride) Beh, dal momento in cui è stato deciso che avrei pubblicato la mia musica, pubblicarla con il mio nome è stata una decisione che escludeva completamente qualsiasi prospettiva commerciale: volevo semplicemente creare qualcosa che nascesse esclusivamente dai miei gusti musicali.

Il mio desiderio di fare musica pop era già completamente soddisfatto attraverso il mio lavoro, e ho avuto modo di mostrare quel lato anche nel mio primo album. Quindi col passare del tempo ho iniziato a sperimentare di più per ampliare la mia gamma musicale, e di conseguenza il mio lavoro da solista da allora è sempre stato completamente al di fuori dell’ambito pop. Non c’è da meravigliarsi che niente di ciò che ho fatto da solista abbia venduto bene. (ride) E questo non mi ha mai infastidito.

La verità è che ho visto molti artisti che avevano un grande talento musicale, eppure non hanno mai avuto successo in questo campo. Essendo io stesso coinvolto nell’industria musicale, a un certo punto mi sono reso conto che “buona musica” e “business” non vanno necessariamente sempre di pari passo.

— Dopo The Pressures And The Pleasures, sia che fosse il tuo progetto ambient indipendente CONFESSION o i Paradigm Shift, la tua sessione ambient System III del 2000 o quella con Koki Ito in NEBULA, la parola chiave che descrive il tuo materiale solista da allora è “ambient”. In quei primi anni ’80, il jazz di etichette come la ECM, i lavori ambient di Brian Eno, i lavori elettronici influenzati dal prog rock di band tedesche come Cluster o Manuel Göttsching/Ash Ra Tempel, gente del genere pubblicava materiale che sembrava molto simile a quello che stavi facendo tu stesso in quel momento. Sei stato influenzato da quel tipo di suono? Cosa ne pensi?

Makoto Matsushita: The Plateaux Of Mirror di Harold Budd e Brian Eno è stato un album rivoluzionario per me. Ricordo ancora vividamente il giorno in cui comprai quell’album. Lo stavo ascoltando la sera, col sole al tramonto che splendeva nella stanza mentre sedevo lì pensando alla vita di mio padre che se n’era andato da poco.

Ero in una sorta di stato meditativo, quando improvvisamente realizzai! Quello era un tipo di musica che non richiedeva l’attenzione dell’ascoltatore. Normalmente, la musica è qualcosa che si valuta ascoltando attentamente il suo contenuto. Ma con quel suono gli aspetti della musica che avrebbero richiesto la propria attenzione erano stati deliberatamente esclusi: l’intenzione era solo quella di creare un’atmosfera che avvolgesse l’ascoltatore. Detto questo, anche se presti attenzione mentre ascolti, noterai che è anche roba di altissima qualità musicale.

In ogni caso a me ha cambiato la natura stessa della musica e dopo aver realizzato questo concetto dovevo solo provare a fare qualcosa del genere anch’io. Cosa posso dire? Mi piace sperimentare (ride) Provai per la prima volta a creare dell’ambient nel 1983.

— Visto che sei arrivato al punto di chiamare CONFESSION il lavoro della tua vita, perché la musica ambient è diventata una parte così importante della tua espressione musicale?

Makoto Matsushita: Semplicemente perché è quello che voglio fare. (ride) Nel crearlo ho sempre avuto un filo conduttore: tutto, a cominciare dal primo suono, deve essere improvvisato. Dopotutto, la composizione è un atto deliberato, e una volta che qualcosa di deliberato entra nel suono, finisce inevitabilmente per divergere da ”ambient”.

Quindi, quando creo musica ambient, uso il computer solo come registratore, non ho mai fatto alcuna pre-programmazione. Questo stile di totale improvvisazione ha successivamente portato anche ad altri esperimenti. Ovviamente niente che porterebbe a qualche affare redditizio, però. (ride) È puramente un hobby personale.

— I tuoi primi tre album da solista e le uscite di Paradigm Shift sono attualmente molto acclamati non solo a livello nazionale ma anche all’estero, con le stampe in vinile originali acquistate e vendute a prezzi elevati. Specialmente negli ultimi anni e soprattutto in Europa, il tipo di musica prog rock/ambient giapponese degli anni ’80—come il tuo secondo album e il materiale dei Paradigm Shift—ha guadagnato popolarità. Eri a conoscenza di questo? Qual’è il tuo sentire a riguardo?

Makoto Matsushita: Non ne avevo idea. È vero? (ride) Se è davvero così, allora sono molto contento.

— A proposito, hai ricevuto delle offerte per la ristampa dei tuoi album all’estero?

Makoto Matsushita: No, non ne ho avute. Forse semplicemente non sanno come contattarmi? (ride)

L’intervista termina qua e con i suoi primi due album termina anche il periodo city pop di Makoto Matsushita, l’articolo prosegue invece con l’invito all’ascolto degli altri suoi due dischi solisti ed una carrellata di video live.

Personalmente amo tutti e quattro i dischi solisti di Makoto Matsushita ma se dovessi sceglierne uno andrei ad occhi chiusi su Quiet Skies e quale sia di esso il mio brano preferito lo si intuisce dal titolo dell’articolo.
Non essendo però a conoscenza dell’esistenza di video live tratti da quell’album ho deciso di presentarvi Matsushita attraverso alcuni video live di vari periodi del suo percorso.

Inziamo con Love was Really Gone, dal primo album First Light, in una versione live del 1982 presa durante un concerto di Fujimaru Yoshino dove Matsushita era turnista come seconda chitarra, prima che i due formassero gli AB’S.

Proseguiamo con un live degli inizi degli AB’S, nel 1983. Makoto Matsushita è a destra e canta il secondo brano, Japanese Punkish Girl.

Gli AB’S nel 2005

Gli AB’S nel 2010.

Turnista nel video didattico del batterista Jun Aoyama “The Essence of One Drum” con Hironori Ito e MAC Shimizu nel 2012.

Gli AB’s nel 2017.

makoto matsushita
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