”Il 1972 in Italia fa sfoggio di sé con uno dei dischi più fuori dai generis del movimento della controcultura musicale progressiva: Topi o Uomini di quegli outsider che erano i Flea (ex on the Honey).
Lorenzo
In un precedente articolo vi abbiamo presentato Etna, quello che fu lo splendido capitolo finale della trilogia del gruppo Flea on the Honey/Flea/Etna. Oggi parliamo del loro secondo album, Topi o Uomini.
E’ il 1972 e i tre cugini catanesi Antonio e Agostino Marangolo e Carlo Pennisi, recatisi a Roma, incontrano Elio Volpini che prenderà il posto di bassista rimasto vacante, apportando una sostanziale vena rock al quartetto.
I quattro abbandonano l’inglese e il “miele” del debutto e restano “Pulci” (Flea appunto) ma sono pulci che mordono forte: il loro stile è sempre più duro e incisivo, hard rock psichedelico e costantemente venato di una fusion sempre in bilico tra jazz aspro e calda melodia mediterranea.
Il disco parte con un’introduzione molto latineggiante della batteria di Marangolo che introduce un bellissima e incisiva ritmica di chitarra di Pennisi ad accordi aperti che sarà il leitmotiv dei 20 minuti della fantastica suite Topi o Uomini.
Batteria e chitarra salgono in un crescendo esplosivo a cui si aggiungono prima Volpini con il basso che ruggisce a potenti accordi e la voce di Antonio Marangolo che narra una storia metropolitana e metafisica al tempo stesso che narra di uomini frustrati paragonati a topi e un gatto che alla fine se li divora contento, forse simboleggiando mafia e potere oscuro.
Impossibile non immaginare riferimenti autobiografici nei cenni alla Sicilia.
La suite si dipana potente e trafelata, psichedelica e rock, fino a rallentare nella parte centrale dove il protagonista e narratore del racconto accusa sé stesso di essere solo un topo, arrendendosi ad una inevitabile morte dell’anima e lasciando spazio ad un lungo assolo della stratocaster di Pennisi.
Assolo che ci conduce ad un bridge che racchiude un assolo di batteria di Marangolo che introduce un passaggio quasi stoner che diviene un acido soul con tanto di armonica a bocca e un nuovo solo di Pennisi e finalmente il “treno” di batteria ci conduce al finale che è un reprise del riff iniziale con vocalizzi carioca per poi esplodere di nuovo psichedelico e durissimo in un’orgia di batteria e frasi di chitarra intessute dal basso fino alla dissolvenza.
Il secondo lato si apre con Amazzone a piedi, un brano con un attacco durissimo e sincopato dalla ritmica jazzata della batteria sulla quale chitarra e basso intessono il loro riff all’unisono finché Pennisi si stacca e segue la linea vocale di Antonio: un grande brano di prog psichedelico con intrecci di chitarra suonati hendrixianamente in reverse e una seconda parte strumentale e spiccatamente jazzfusion.
Segue la suggestiva ballata dal sapore jazz mediterraneo Sono un pesce, guidata dalla chitarra acustica e dal piano di Antonio Marangolo, che canta il suo racconto con voce filtrata dal leslie.
Il ritornello spiccatamente jazz vede anche l’uso del vibrafono di Agostino.
La parte centrale è un raga semielettrico, psichedelico, con Volpini che suona sia il basso che il sax soprano e Antonio Marangolo al piano e all’armonium.
Un brano che avrebbe tranquillamente potuto appartenere all’album Etna poiché ne anticipa efficacemente lo stile: questo è essere davvero progressivi.
Chiude l’album L’angelo timido che è introdotto da un coro ma che esplode subito in un pezzo elettrico psichedelico che continua a conservare gli interventi vocali unicamente a coro. Di nuovo grandi ritmiche, fraseggi e soli di Pennisi, questa volta anche ad intrecci armonici, a sottolineare la perizia tecnica di un grande strumentista: è inutile dire che il disco è guidato dalla chitarra, e che chitarra…
D’improvviso il brano si trasforma in un blues veloce e acidissimo dove torna fuori anche l’armonica a bocca che, all’unisono con la chitarra, porta alla conclusione un disco che potrebbe facilmente essere una perfetta demo per i due assi della formazione, Agostino Marangolo e Carlo Pennisi.
I membri dei Flea
Carlo Pennisi è chitarrista allo stesso tempo molto melodico e aggressivo, crea ritmiche e fraseggi incisivi e immaginifici, particolarmente nuovi per gli inizi degli italici anni 70: è un precursore dotato di quella grande tecnica e gusto musicale che avrà poi modo di sfoggiare in Etna come in ognuna delle sue tante future collaborazioni. Un musicista e session man di lusso, insomma, con un controllo dello strumento e del suono davvero unici.
Agostino Marangolo è un signor batterista, è incontenibile e la sua ritmica è sempre effervescente, assolutamente esplosiva: jazz e rock, pesante ed articolata allo stesso tempo, introduce a quello stile variegato e potente che darà poi gran lustro di sé con i Goblin e nel meraviglioso capitolo finale dei Flea a nome Etna. Anche lui diverrà un amatissimo session man.
Antonio Marangolo è grande polistrumentista, musicista storico di Paolo Conte, Vanoni, Guccini e Capossela, lo ritroveremo spesso accanto al fratello Agostino nei Goblin e in altri progetti come in autoproduzioni jazz.
Elio Volpini dopo la parentesi Flea sarà ne L’Uovo di Colombo (progetto che poi porterà alla riformazione dei Flea con il nome di Etna), Claudio Lolli e altri, sempre come bassista e chitarrista. Oggi Propone le cover di Hendrix ma anche i brani dei Flea/Etna in un progetto suo.
Topi o Uomini è un disco clamoroso per i tempi come per oggi ma risente irrimediabilmente della pessima produzione Fonit che è particolarmente percepibile nella voce che, quando non scompare addirittura dietro agli strumenti, rimane comunque sempre asprissima e soffocata, costretta ad urlare per farsi udire e i testi, ancora oggi quasi inintelligibili, sono i primi a farne le spese.
E’ un peccato assoluto poiché ci troviamo davanti ad un disco unico nel panorama prog, sia per grande bellezza e freschezza delle parti strumentali che per sensibilità e profondità dei testi.
Si dice spesso che ci si consola con la bellezza di Etna (ed è anche vero) però questo piccolo capolavoro resta purtroppo relegato ai soli appassionati a causa della pessima produzione, un fenomeno che fu fin troppo tipico dei progetti progressivi e sperimentali italiani del periodo che, se avevano la fortuna di poter registrare dischi con una etichetta di stato, essa fu però gestita male e molti grandi dischi del periodo soffrono di questo.
Topi o Uomini dei Flea di questa trascuratezza ne rappresenta forse la punta di diamante.
Ascolta l’intero album “Topi o Uomini”
Lato A
1. Topi o Uomini
Durata totale: 20:20
Lato B
1. Amazzone a piedi – 4:10
2. Sono un Pesce – 6:31
3. L’Angelo timido – 5:51
Durata totale: 16:35