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Dove nascono le idee? Come si sviluppano? Chi ha le possibilità, economiche e di marketing, di realizzare e diffondere un prodotto di successo ma cerca un'idea nuova e potente, dove la trova? Bastano le menti degli scrittori di cinema delle grandi case di produzione o talvolta bisogna rubare qua e là?

Daniele Pieraccini

Negli studi di Hollywood ne sanno qualcosa. Il panorama cinematografico mondiale offre spunti inesauribili di idee: in particolare il vecchio continente e l’Asia sono da sempre fonti di ispirazione più o meno derivativa per i produttori statunitensi.
Si prende un film interessante, con un concetto geniale e lo si converte in prodotto per le masse, attuando le dovute modifiche per andare incontro ai gusti del grande pubblico e spettacolarizzandolo con trovate visive “esplosive” e volti noti di superstars. Un processo che è sempre stato applicato per esempio anche nella musica pop e rock.

Ovviamente anche dai celebri studi nel Sunset Boulevard sono usciti lavori di un certo spessore, ma dobbiamo tenere ben presente che stiamo parlando di una vera e propria industria a scopo di lucro, una macchina finanziaria più che artistica, con regole e gerarchie rigidissime che riguardano anche l’aspetto creativo.

Vogliamo dunque presentarvi, tra i molti, cinque film che hanno fatto da precursori a grandi successi al botteghino, alcuni reiterati in sequel, remake, reboot o veri e propri franchise. Ci pare giusto riconoscere a certe opere e a chi le ha concepite il valore aggiunto di anticipatori più o meno oscuri alle masse.

1 – “Il mondo sul filo” diventa “Matrix”

Gli autori del franchise con protagonista Keanu Reeves hanno dichiarato di essersi ispirati a pellicole di animazione nipponiche come Akira, Ghost In The Shell e Ninja Scroll. Nessuna menzione per un altro anime, Megazone 23 che è quello da cui hanno attinto più dettagliatamente.

Esaminando meglio, sono molteplici le “fonti” a cui si sono abbeverati i Wachowski, tra le altre vale la pena ricordare il noir fantascientifico Dark City, il romanzo Ubik di P.K. Dick ma, soprattutto, il film per la tv Il mondo sul filo (Welt am Draht) di Rainer Werner Fassbinder, uscito nel 1973 e poi ripreso in maniera aggiornata e più soft a fine millennio nel film Il tredicesimo piano di Josef Rusnak.

Fassbinder, basandosi sul romanzo Simulacron 3 di Daniel F. Galouye, mette in scena una vicenda sorprendentemente attuale, modernissima: un programma di realtà virtuale crea un mondo i cui abitanti vivono come autentico, un mondo fatto di realtà aumentata e di simulazioni paradossalmente più vere del vero. In questo ambiente solo una “persona di contatto” è cosciente di vivere in una simulazione.
Nei primi anni settanta eravamo ben lontani dalla società dei big data e dal mondo compresso e istantaneo del digitale come lo conosciamo adesso, per questo il film di Fassbinder è un sorprendente precursore di Matrix e dei dubbi sulla veridicità delle nostre esistenze.

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2 – “The Vindicator” diventa “Robocop”

Conosciuto anche come Frankenstein 88, The Vindicator è un film del 1986, diretto dal canadese Jean-Claude Lord, un regista dallo stile molto hollywoodiano ma interessato a temi politici.
In seguito ad un incidente, cervello e parti del corpo di uno scienziato sono trapiantate in un robot. Il cyborg risultante mantiene una componente umana e cosciente, scatenandosi in massacri vari per ottenere la sua vendetta. Lord si è indubbiamente ispirato al mito di Frankenstein, al film del 1959 Il colosso di New York (The Colossus of New York) ed ha senza dubbio attinto all’estetica dei primi film del suo connazionale Cronenberg, ma bisogna dargli atto di aver messo a punto una vicenda che, l’anno seguente, Paul Verhoeven riproporrà (scalando in secondo piano l’aspetto umano della tragedia del protagonista) nel ben più celebre Robocop.

Premi Play per guardare il trailer di THE VINDICATOR

3 – “Sole Survivor” diventa “Final Destination”

Una donna esce indenne in maniera inspiegabile da un terrificante incidente aereo; cerca di riprendere la sua vita normalmente ma, oltre ad un comprensibile malessere psichico, strani avvenimenti e fenomeni la perseguitano. La Morte stessa vuole completare la sua opera, la superstite non potrà sfuggire al suo destino.
Sole Survivor, in italiano uscito (in sordina) come Ragnatela di morte, è una pellicola del 1983 del regista Thom Eberhardt, autore l’ anno seguente dell’interessante La notte della cometa.
Sebbene le origini di un simile concetto vadano rintracciate nel cult movie Carnival of Souls del 1962, è da Sole Survivor che James Wong ha indubbiamente tratto lo spunto per il primo film della pentalogia di Final Destination.

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4 – “La Jetée” diventa “L’esercito delle 12 scimmie”

Terry Gilliam non ha mai nascosto la sua fonte di ispirazione per il film con protagonista Bruce Willis, ma è impossibile non tributare un omaggio ad un opera avanti con i tempi come La Jetée, un cortometraggio sperimentale del 1962 realizzato dal regista francese Chris Marker mettendo in sequenza immagini fotografiche con una voce fuori campo che narra la storia. Una sorta di fotoromanzo post-apocalittico, in cui troviamo:
-una scena di sparatoria in un aeroporto, centrale nella vicenda
-un mondo devastato da una catastrofe
-sotterranei in cui il prigioniero è forzato a viaggiare nel tempo
-misteriosi segni sui muri
-riferimenti al mondo animale
Tutti punti forti de L’esercito delle 12 scimmie, uscito oltre trenta anni dopo.

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5 – “Reazione a catena” e “Torso” diventano “Venerdì 13” e “Halloween”

Per l’ultimo “caso” che prenderemo in considerazione sarebbe più opportuno parlare di ispirazione per un intero genere, quel tipo di horror che prende il nome di slasher.
I capostipiti di questo tipo di film sono considerati, nel mainstream, Halloween – La notte delle streghe (1978) di John Carpenter e Venerdì 13 (1980) di Sean S. Cunningham.
Ma ad inaugurare ed anticipare il genere poi diventato popolarissimo e sfruttato in America sono stati due registi italiani: innanzitutto Mario Bava, con il suo Reazione a catena del 1971, poi Sergio Martino nel 1973 con I corpi presentano tracce di violenza carnale.
Dalle opere di Mario Bava hanno “pescato” in tanti, alcuni si sono anche costruiti una fama spropositata alle spalle delle intuizioni del maestro dell’horror italiano, che ha dato il via a numerosi altri generi nel corso degli anni, nonostante budget e tempi di realizzazione limitati.
Nei suoi film possiamo scoprire parecchie scene plagiate da autori statunitensi e italiani.
E’ il caso di Reazione a catena (nei mercati anglofoni uscito come Twitch of the Death Nerve, Bay of Blood, Bloodbath), pieno zeppo di sequenze copiate ovunque, da Carpenter a Sam Raimi alla citata saga di Venerdì 13. Vale la pena citare il critico Alberto Pezzotta: “ Gli slasher tipo Venerdì 13 sembrano averlo copiato spudoratamente, senza per altro aver capito l’essenziale: che Bava non rispetta alcuna regola. E non solo è più colto e più ironico dei suoi presunti epigoni, ma anche molto più cattivo”.
Anche Sergio Martino parte da una sequenza del film di Bava per realizzare una intera pellicola basata su ragazze universitarie prese di mira in un ambiente isolato. Un filone del genere slasher, quello delle studentesse peccaminose, nasce quindi con I corpi presentano tracce di violenza carnale (Torso o The bodies bear traces of carnal violence), il thriller italiano preferito da Quentin Tarantino, che dal repertorio di genere del nostro cinema ha sempre attinto copiosamente.

“Così imparano a fare i cattivi!”

Chiudiamo con il titolo di lavorazione di Reazione a catena, ironizzando sui registi “furbetti” che abbiamo sgamato…anche se occorre ribadire che il nostro intento è più quello di offrire il giusto tributo ad artisti che, con la loro creatività, hanno offerto spunti notevoli e spianato la strada ai successi altrui.

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