”I motori a pistone sono lo standard presente in quasi tutti i layout dei motori a combustione interna.
Daniele Pieraccini
Diciamo quasi, perché in realtà esiste anche uno stile che utilizza un'ingegneria unica: il motore rotativo.
Linee elegantemente moderne, fantastica da guidare grazie alla fluida potenza rotativa, la NSU Ro80 è stata a tutto tondo un’auto eccellente per l’epoca. Il motore rotativo Wankel, un concetto tutt’oggi attualissimo, è stato sia il suo punto di forza che la sua rovina.
Felix Wankel
I motori a pistone sono lo standard presente in quasi tutti i layout dei motori a combustione interna.
Diciamo quasi, perché in realtà esiste anche uno stile che utilizza un’ingegneria unica: il motore rotativo.
L’ingegnere tedesco Felix Wankel, da autodidatta, concepì la prima idea di un simile motore già nel 1923, cercando di risolvere uno dei principali problemi dei propulsori fin lì realizzati: la perdita dell’enorme forza d’inerzia sviluppata dal moto rettilineo alternato del pistone. Era energia utile, da trasformare in moto rotativo attraverso un sistema di trasmissione biella-manovella.
Nel dopoguerra Wankel entrò come progettista nella NSU Motorenwerke, impegnandosi nello sviluppo di macchine a stantuffo rotante. Nel 1951 ebbe così la possibilità di iniziare seriamente a lavorare sul suo progetto e nel 1957 realizzò il primo prototipo, testandolo nel corso dello stesso anno.
Un rotore triangolare ad angoli smussati in una camera di forma ovale sostituiva il pistone nel cilindro. Il motore rotativo Wankel era un progetto unico e rivoluzionario, che prometteva una potenza efficiente per le dimensioni, erogata in maniera adeguatamente regolare.
Di cosa fosse capace il motore rotativo avremmo avuto dimostrazione in futuro, quando, in mano a Mazda, ha equipaggiato molte auto leggendarie, arrivando anche alla vittoria della 24 ore di Le Mans nel 1991.
Ma i motori Wankel hanno visto anche altri usi veicolari: moto da corsa, aereoplani, elicotteri e auto piuttosto oscure ma geniali hanno utilizzato o utilizzano motori rotativi non prodotti da Mazda.
NSU Spider Wankel
All’inizio degli anni ’60 la NSU inizia una fase di sviluppo e sperimentazione montando vari tipi di motore rotativo su corpi vettura derivati dalla Prinz. I problemi da risolvere a livello di affidabilità non mancano, ciò nonostante al Salone di Francoforte del 1963 NSU presenta al pubblico la “Spider Wankel”. La NSU Spider a motore rotativo era derivata dalla scocca della Sport-Prinz, per preservare lo stile italiano della coupè firmata da Bertone.
La carriera commerciale di questo piccolo gioiello motoristico però risentì di varie problematiche, relative a consumi eccessivi e tenuta delle guarnizioni del rotore stesso. Nel 1967, dopo soli tre anni di commercializzazione e appena 2375 esemplari prodotti, la NSU Spider scompare dal listino.
Uno sviluppo più efficace avrebbe richiesto investimenti non alla portata della NSU: il successo della Prinz era stato oscurato dalle vendite del Maggiolino Volkswagen.
Il motore rotativo si era comunque dimostrato una vetrina notevole: gli unici incassi realmente consistenti per la casa di Neckarlsum in quel periodo in realtà provenivano dalla vendita delle licenze Wankel (a marche come GM, Mazda. Citroen…), che consentirono la sopravvivenza indipendente di NSU fino al 1970.
In quell’anno furono prodotte 140.000 Prinz, a fronte di oltre un milione di “Beetle”. Proprio la VW, sapendo dei problemi della rivale, fa il suo ingresso nel capitale della NSU, che successivamente sarebbe stata fusa con l’Auto Union.
NSU Ro80
Prima di arrivare a questo epilogo, però, NSU insiste nel portare avanti il suo audace piano. Nel 1962 una squadra viene incaricata di progettare e sviluppare una grande berlina da famiglia, a due porte e con caratteristiche più sportive, equipaggiata da un motore Wankel da circa 80 CV (contro i 50 della Spider).
Il team è composto dal supervisore Eward Praxl, da Walter Froede allo sviluppo del motore e dal designer Claus Luthe, in precedenza tra i responsabili del disegno del frontale della gloriosa FIAT 500, oltre che delle linee della Prinz e della suddetta NSU Spider e in futuro di molti modelli Audi e BMW.
L’obiettivo è quello di mettere a punto una vettura di fascia medio alta, una berlina che deve alloggiare il rivoluzionario Wankel.
Il risultato dell’estro meccanico di Praxl e della matita di Luthe è la NSU Ro80, oggi considerata un capolavoro di design, grazie alla sua linea a cuneo decisamente sopra le righe per l’epoca, ma che sarebbe stata in voga nelle auto del decennio successivo.
Ro significa Rotationskolben (pistone rotante) e 80 indica la sigla interna del progetto.
Nell’agosto del 1967 ecco dunque la presentazione alla stampa e a numerosi rappresentanti di concessionari NSU da tutta Europa, nella cornice del Castello Solitude, presso Stoccarda.
Escono dalla fabbrica i primi esemplari e anche il grande pubblico può ammirarla al Salone dell’automobile di Francoforte.
Oltre alle linee innovative ma levigate, con un cx (coefficiente aerodinamico) tra i migliori in assoluto per quegli anni, la Ro80 presenta gli ingombri di una grossa berlina, con un passo volutamente lungo per agevolare l’abitabilità interna. Il motore rotativo è più leggero e meno ingombrante, il che rende possibile un frontale più basso della norma.
Il cambio è semiautomatico, quindi sono presenti solo due pedali: la frizione è attivata insieme alla leva quando il conducente cambia marcia. I freni sono a disco su tutte le quattro ruote.
Ovviamente l’aspetto più caratteristico è il motore, un birotore da 995 cm³ che eroga fino a 115 CV, realizzato con la consulenza dello stesso Felix Wankel. Grazie alla sua potenza e a dei rapporti piuttosto lunghi del cambio, la Ro80 arriva a toccare i 180 km/h.
Una carriera breve ma intensa
Nel 1968 è suo il premio di “Car of the Year”. La guida di questa auto si rivela piacevole sia per i piloti più esperti ed esigenti che per l’autista comune: i punti di forza sono rappresentati da un’ottima distribuzione dei pesi, eccellente aderenza, risposta del motore molto dolce, sospensioni sofisticate e chassis molto agile. L’obiettivo di ridurre lo sforzo del guidatore, rendendo la guida piacevole anche per gli sportivi è stato raggiunto. Il leggero motore rotativo si rivela oltretutto molto silenzioso, per gli standard dell’epoca.
Sfortunatamente si presentano ben presto anche delle problematiche, che finiranno per minare fatalmente la carriera della Ro80. L’unità rotativa infatti rivela la necessità di interventi massicci in seguito a rotture già intorno ai 50.000 km di percorrenza. Questi problemi saranno risolti negli anni a venire, ma la fama del modello è danneggiata in maniera irreparabile. Anche i consumi si riveleranno più alti del previsto; il “marchio dell’infamia” è applicato alla vettura, ormai è uno stereotipo diffuso anche tra chi non ne ha mai neppure vista una. Gli acquirenti preferiscono così rivolgersi a modelli più tradizionali.
Questo rovesciamento di risultati contribuisce al crollo della NSU: nel 1977 esce l’ultimo dei 37.406 esemplari prodotti e con esso termina la storia della casa madre, iniziata oltre cento anni prima con la produzione di macchine per maglieria, per proseguire con biciclette, moto e infine un notevole percorso nel settore automobilistico.
Oggi il Wankel viene continuamente aggiornato in robustezza ed affidabilità e sono stati prodotti motori con addirittura 12 rotori, ottenendo facilmente potenze assolutamente incredibili.
E per quanto riguarda la NSU Ro 80, sopravvive l’interesse dei collezionisti, attratti dalla ancora sorprendente bellezza e dall’originalità tecnica di questo innovativo ma sfortunato modello.